Il Diamante Fiorentino, una leggenda incastonata nella storia e nel diritto, è al centro di una complessa disputa che intreccia ereditarietà, diritto internazionale e ambizioni regionali.
Questo straordinario cristallo, con i suoi 137,27 carati e una miriade di 127 faccette, trascende il semplice valore materiale per incarnare un patrimonio culturale di inestimabile valore, rivendicato con forza dalla Regione Toscana.
La sua esistenza, a lungo avvolta nel mistero, alimentando voci di perdita, furto o addirittura dispersione, è oggi confermata.
Il diamante, lontano dall’essere scomparso, riposa attualmente in una cassetta di sicurezza canadese, parte di un tesoro ereditario che apparteneva agli Asburgo Lorena.
La sua attuale ubicazione è stata resa pubblica da Carlo d’Asburgo-Lorena, in risposta alle iniziative della Regione Toscana, che sostiene la sua appartenenza legale al territorio.
Il fulcro della rivendicazione toscana si fonda sul “Patto di Famiglia”, un accordo testamentario del 1737 integrato da allegati successivi, in particolare quello del 1740.
Anna Maria Luisa de’ Medici, Elettrice Palatina, con questo documento vincolò il destino del diamante allo Stato toscano, destinandolo a essere esposto “a ornamento dello Stato o per favorire la curiosità dei forestieri”.
Questa clausola, considerata vincolante, implica un obbligo perpetuo di conservazione e di fruizione pubblica del diamante nel territorio toscano.
La Regione Toscana ha avviato un dialogo con Carlo d’Asburgo-Lorena, con l’auspicio di un ritorno temporaneo del diamante per una mostra di grande impatto culturale.
L’obiettivo, tuttavia, va oltre: si mira a una concessione permanente, che consentirebbe al pubblico toscano e internazionale di ammirare questo capolavoro scintillante.
Per supportare la loro posizione, i rappresentanti della Regione, affiancati dal direttore del Museo di Palazzo Medici, hanno presentato un ritratto inedito di Maria Maddalena d’Austria, opera autografa di Orazio Fidani, che raffigura la granduchessa adagiata l’iconico diamante.
Questa immagine storica, a corredo della documentazione legale, offre una testimonianza visiva tangibile del legame secolare tra il diamante e la dinastia medicea.
La storia del Diamante Fiorentino è un affascinante viaggio attraverso i secoli.
Arrivato a Firenze come pietra grezza all’inizio del Seicento, fu poi tagliato dal veneziano Pompeo Studentoli, acquisendo la forma che lo rese celebre.
Compare nei ritratti delle granduchesse Cristina di Lorena e Maria Maddalena d’Austria, diventando un simbolo del potere e della magnificenza della corte medicea.
Dopo la morte di Cosimo III e l’inventario redatto da Anna Maria Luisa de’ Medici, il diamante fu formalmente dichiarato parte del patrimonio statale toscano.
Tuttavia, il suo percorso si interruppe con la morte dell’Elettrice e la sua incorporazione nel diadema imperiale di Maria Teresa d’Asburgo, segnando l’inizio del suo lungo soggiorno a Vienna, dove assunse il nome di “Florentiner”.
La dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico nel 1919 complicò la sua tracciabilità, fino a quando non emerse che, già nel 1940, era stato depositato in Canada su ordine dell’imperatrice Zita di Borbone-Parma, vedova dell’ultimo imperatore Carlo I.
Questa decisione mirava a proteggere i gioielli di famiglia dalla turbolenza politica dell’epoca, preludio alla dispersione delle ricchezze imperiali iniziata nel 1918 con il trasferimento dei beni in Svizzera.
L’attuale disputa non è semplicemente una questione di possesso materiale; rappresenta un tentativo di recuperare un elemento fondamentale dell’identità culturale toscana e di riaffermare un diritto storico, incarnato in un cristallo che riflette secoli di storia, potere e bellezza.
Il futuro del Diamante Fiorentino è ora sospeso tra le rivendicazioni toscane e le prerogative ereditari della famiglia Asburgo Lorena.






