Il tribunale di Milano ha visto oggi l’inizio della fase cruciale del processo abbreviato che vede Chiara Ferragni al centro di un’indagine complessa, accusata, insieme a due collaboratori, di truffa aggravata.
L’udienza, celebrata a porte chiuse, segna un momento di svolta in un caso che ha acceso un acceso dibattito pubblico e sollevato interrogativi fondamentali sul ruolo degli influencer, la trasparenza delle campagne promozionali e la tutela dei consumatori nell’era digitale.
La presenza anticipata di Chiara Ferragni nell’aula di tribunale, prima dell’inizio ufficiale, sottolinea la gravità della situazione e l’attenzione mediatica che l’accompagna.
I suoi legali, Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana, avvieranno oggi le loro arringhe, presentando una difesa articolata che mira a contestare le accuse mosse dalla Procura.
Anche le difese di Fabio Damato, ex collaboratore, e Francesco Cannillo, presidente di Cerealitalia, avranno l’opportunità di esporre le loro ragioni.
L’accusa, rappresentata dai sostituti procuratori Eugenio Fusco e Cristian Barilli, ha richiesto una condanna a un anno e otto mesi per l’influencer, senza attenuanti.
La Procura sostiene che Ferragni, in compartecipazione con Damato, abbia avuto un ruolo determinante nella progettazione e nell’esecuzione delle campagne pubblicitarie che avrebbero ingannato milioni di follower.
L’elemento chiave dell’accusa risiede nella fiducia riposta dai consumatori nei confronti di Ferragni, una fiducia che, secondo la Procura, è stata sfruttata per generare profitti ingiusti attraverso la vendita di prodotti come il Pandoro Balocco Pink Christmas e le uova di Pasqua Dolci Preziosi, associati a iniziative benefiche non completamente trasparenti.
Ferragni, sin dalle sue dichiarazioni spontanee del 25 novembre, ha sempre ribadito la propria innocenza, affermando che tutte le azioni intraprese sono state motivate dalla “buona fede”.
Nel tentativo di stemperare le critiche e mitigare le ripercussioni legali, l’imprenditrice ha già provveduto a risarcimenti e donazioni per un ammontare complessivo di 3,4 milioni di euro.
L’inchiesta, condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Difesa (GDF), ha quantificato in circa 2,2 milioni di euro i presunti profitti illeciti derivanti dall’inganno perpetrato nei confronti di follower e consumatori tra il 2021 e il 2022.
Oltre alla difesa del merito delle accuse, che contesta la sussistenza di un raggiro ai danni dei consumatori, un aspetto cruciale del processo sarà la discussione sull’aggravante della “minorata difesa degli utenti online”.
La sua applicazione potrebbe portare a proscioglimenti per mancanza di querelanti, a causa della difficoltà di identificare e coinvolgere tutti i potenziali danneggiati.
Il caso solleva, pertanto, questioni di profonda rilevanza per il diritto commerciale e la responsabilità degli influencer.
La sentenza, prevista per il 14 gennaio, non solo determinerà il destino legale di Chiara Ferragni, ma potrebbe anche stabilire nuovi parametri per la trasparenza e l’etica delle campagne di marketing digitale e la protezione dei consumatori in un panorama sempre più complesso e pervaso dai social media.
Il processo si configura come un banco di prova per il sistema giuridico italiano nell’affrontare le sfide poste dall’economia dell’attenzione e dalla crescente influenza dei personaggi digitali sulla società.




