giovedì 28 Agosto 2025
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Filippo Verterame: Un grido di dolore, una sfida all’umanità.

La ferita aperta di Isola Capo Rizzuto, il lutto profondo per la perdita di Filippo Verterame, non può essere assorbita in un silenzio pietoso, in un mero atto di compassione.

Essa ci interroga, ci sfida a un esame di coscienza collettiva che va ben oltre la condanna individuale dell’atto violento.

È un grido che risuona nell’eco di un’umanità apparentemente incapace di superare i propri istinti più oscuri, un’umanità che, paradossalmente, si professa civilizzata.
L’omelia del parroco Francesco Gentile, durante il funerale, non è stata un semplice conforto per i familiari devastati dal dolore, ma una chiamata alla responsabilità, un monito per l’intera comunità.

Il gesto nobile della famiglia Verterame, l’autorizzazione alla donazione degli organi, si erge come un potente simbolo di speranza e di rinascita, un atto di amore che trasforma la tragedia in un seme di vita per altri.
Questo atto corale, questa scelta di generosità, rappresenta una risposta profonda al grido di dolore che emana dalla morte di Filippo, un grido che, come quello di Gesù sulla croce, risuona nella nostra interiorità: “Perché?”.
Perché questa violenza insensata? Perché l’odio, la rabbia e il risentimento continuano a permeare le nostre relazioni, a distruggere vite giovani e a compromettere il futuro? La risposta, forse, risiede nella nostra incapacità di coltivare l’empatia, di comprendere il dolore altrui, di riconoscere la fragilità umana che ci accomuna.

Ci si chiede se la giustizia, intesa come vendetta, possa mai sanare una ferita così profonda, se la retorica della forza possa mai sostituire la delicatezza del dialogo, la compassione.

Non possiamo accontentarci di una semplice condanna verbale.

Non possiamo limitarci a esprimere dolore e sgomento.

Siamo chiamati a un cambiamento radicale, a una trasformazione interiore che si traduca in azioni concrete.
Ogni singolo individuo, soprattutto i giovani, deve assumersi la responsabilità di rigettare ogni forma di violenza, di isolare i suoi portatori, di non considerarli modelli da imitare.

Non è sufficiente denunciare pubblicamente il bullismo, l’aggressività, l’odio sui social media; è necessario intervenire attivamente, offrire supporto alle vittime, educare alla tolleranza e al rispetto.

Gli adulti, a loro volta, hanno il dovere di offrire ai propri figli un futuro diverso, un futuro in cui la pace, la speranza e la solidarietà abbiano la precedenza sui rancori, le vendette e l’intolleranza.
Questo richiede un impegno costante, un’educazione basata sui valori umani, una promozione della cultura della non-violenza.
La morte di Filippo non può essere relegata alla cronaca nera, ma deve rappresentare un punto di svolta, uno spartiacque che ci spinga a riflettere, a cambiare, a costruire un mondo più giusto e più umano, un mondo in cui ogni vita sia sacra e inviolabile.

Dobbiamo ascoltare il silenzio che segue la tragedia, e trovare in esso la forza di un nuovo inizio.

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