Un episodio apparentemente banale, un gesto impulsivo e una condanna che solleva interrogativi sulla proporzionalità della giustizia: è la storia di un triestino di 42 anni, con precedenti penali, riconosciuto colpevole di furto in abitazione e condannato a nove mesi di reclusione.
L’oggetto del furto? Una semplice pianta di basilico, sottratta dal cortile di un’abitazione nella zona di Giarizzole.
La vicenda, riportata dal quotidiano Il Piccolo, si configura come un caso emblematico che interseca diverse tematiche giuridiche e sociali.
Il furto in abitazione, reato gravissimo che viola l’inviolabilità del domicilio, è punito dal codice penale con pene severe, che oscillano tra i quattro e i sette anni di reclusione.
Queste pene si ampliano a uno spettro ancora più ampio, tra i cinque e i dieci anni, qualora siano presenti circostanze aggravanti.
La legge, in questo caso, non prevede riduzioni di pena nemmeno in presenza di un danno di modesta entità, come nel caso della pianta di basilico.
Il pubblico ministero aveva inizialmente richiesto una condanna a un anno e mezzo, ma la scelta dell’imputato di optare per un rito abbreviato ha comportato una riduzione della pena.
Il rito abbreviato, infatti, è una procedura più rapida che consente all’imputato di ottenere una diminuzione della pena in cambio della rinuncia al processo ordinario e all’appello.
I fatti risalgono allo scorso anno.
L’uomo, attratto dalla vista di una pianta di basilico particolarmente rigogliosa, non si è limitato a prelevare qualche foglia, ma ha asportato l’intero vaso.
La presenza di un impianto di videosorveglianza ha permesso al proprietario di denunciare prontamente il furto ai carabinieri, che hanno rapidamente identificato il responsabile.
Quest’ultimo, a seguito dell’identificazione, ha ammesso la sua colpevolezza, restituendo la pianta e versando un risarcimento al proprietario.
Tuttavia, la sentenza non è stata sospesa a causa dei precedenti penali dell’uomo, il che significa che la condanna potrebbe diventare definitiva, con la concreta possibilità di espiazione in carcere.
Questa vicenda pone diverse domande: fino a che punto la legge deve essere severa in un caso di furto di lieve entità? La proporzionalità della pena è stata rispettata, considerando il danno materiale limitato e la pronta restituzione dell’oggetto rubato, unitamente al risarcimento? L’incensuratezza della pena, elemento chiave di un sistema giudiziario equo, è stata garantita? La presenza di precedenti penali, sebbene rilevante, giustifica una pena detentiva in un caso apparentemente marginale?Il caso solleva, in definitiva, una riflessione più ampia sul ruolo della giustizia come strumento di riabilitazione e sulla necessità di valutare attentamente le circostanze specifiche di ogni vicenda, evitando pene eccessivamente severe che potrebbero risultare controproducenti e in contrasto con i principi fondamentali dello stato di diritto.
La vicenda del basilico rubato, quindi, diventa uno specchio che riflette le complessità e le contraddizioni del sistema giudiziario.






