L’operazione “White Sheep”, orchestrata dai Carabinieri di Gela sotto la direzione del Colonnello Marco Montemagno, ha disvelato una complessa rete di narcotraffico che ha infettato il tessuto sociale della comunità.
Il bilancio, quantificato in cinque arresti, undici indagati e la documentazione di oltre duecento episodi di cessione di sostanze stupefacenti, rappresenta solo la punta dell’iceberg di un’attività criminale radicata e strutturata.
L’indagine, con una profondità temporale che si estende per alcuni mesi del 2023, ha permesso di ricostruire una filiera di spaccio particolarmente ingegnosa, che sfruttava la tecnologia e un linguaggio simbolico per eludere i controlli.
La modalità di consegna, affidata a rider in motocicletta, testimoniano un’organizzazione attenta alla discrezione e alla rapidità, elementi cruciali per massimizzare i profitti e minimizzare i rischi.
Al vertice di questa rete criminale si colloca Emanuele Curvà, un giovane allevatore di venticinquanni, affiancato dal padre quarantanovenne, Crocifisso Curvà, evidenziando un coinvolgimento familiare che sottolinea la dimensione consolidata dell’attività illecita.
Questo aspetto, unito alle precedenti misure cautelari in carcere per reati legati al possesso illegale di armi, emerso durante le prime fasi dell’indagine, suggerisce un contesto di criminalità organizzata più ampio e ramificato.
Le sostanze stupefacenti, prevalentemente cocaina e crack, venivano acquisite da una clientela eterogenea, che spaziava da giovani di età inferiore ai diciotto anni fino a professionisti, indicando una diffusa dipendenza e una profonda infiltrazione del narcotraffico in diversi strati della società.
L’utilizzo di un linguaggio cifrato, incentrato su metafore ovine (“pecore”), ha ulteriormente complicato le indagini, richiedendo un’analisi approfondita per decifrare il lessico utilizzato dai membri dell’organizzazione.
Un episodio particolarmente inquietante rivela la disperazione di una professionista, giunta a prostituirsi per soddisfare la propria dipendenza da cocaina, testimoniando la devastante spirale di degrado morale e sociale causata dal traffico di droga.
Le aree di spaccio, individuate principalmente nelle zone di Scavone e Baracche, erano caratterizzate da prezzi variabili tra i quaranta e gli ottanta euro a dose, suggerendo un mercato florido e una domanda costante.
L’operazione “White Sheep” rappresenta un punto di svolta nella lotta alla criminalità organizzata a Gela, ma evidenzia anche la necessità di un impegno costante e multidisciplinare, che coinvolga le forze dell’ordine, le istituzioni sociali e le comunità locali, per contrastare efficacemente il fenomeno del narcotraffico e le sue conseguenze devastanti.








