Un episodio di inaudita gravità ha scosso il tessuto sindacale genovese, gettando un’ombra di preoccupazione sul delicato contesto della vertenza ex Ilva.
Davanti ai cancelli del sito industriale di Cornigliano, un violento attacco squadrista ha preso di mira cinque esponenti della Uilm, segnando un punto di rottura allarmante nelle dinamiche di rappresentanza e nella gestione delle controversie.
L’aggressione, perpetrata da un gruppo di quindici-venti individui identificati come militanti di Lotta Comunista, benché in abbigliamento riconducibile alla Fiom, ha colpito duramente il segretario generale della Uilm, Luigi Pinasco, il segretario organizzativo Claudio Cabras, e tre delegati sindacali.
L’azione, descritta come premeditata e brutale, si è concretizzata in percosse, calci e pugni, culminando nel ferimento grave del segretario Pinasco, attualmente ricoverato in osservazione all’ospedale Villa Scassi.
Le tensioni latenti, originate dalla mancata adesione della Uilm allo sciopero generale dei metalmeccanici, sembrano aver fornito il pretesto per un’esplosione di violenza che trascende la semplice contrapposizione sindacale.
La dinamica dell’aggressione, come denunciato dal segretario regionale della Uil Liguria, Riccardo Serri, suggerisce un tentativo di imporre un’egemonia ideologica e operativa all’interno della Fiom, attraverso l’intimidazione e la sopraffazione.
L’incitamento alla “cessazione” dei rappresentanti sindacali da parte di figure apicali della Fiom, secondo la ricostruzione della Uil, appare come un elemento chiave per innescare la spirale di violenza.
L’assenza di una condanna esplicita e immediata da parte di altre sigle sindacali, in particolare dalla Cgil, con le dichiarazioni di Landini e De Palma che hanno minimizzato la responsabilità diretta degli aggressori, solleva interrogativi inquietanti sulla solidarietà e sulla difesa dei valori democratici.
Questa reticenza alimenta il sospetto di una strategia più ampia, volta a destabilizzare il panorama sindacale e a legittimare l’uso della violenza come strumento di pressione.
La denuncia presentata alla Polizia e informata alla Digos mira a ricostruire con precisione i fatti e a identificare tutti i responsabili, sia materiali che morali.
La vicenda, lungi dall’essere un semplice episodio isolato, rappresenta un campanello d’allarme per la sicurezza dei lavoratori e la tutela della libertà sindacale, evidenziando la necessità di un’azione decisa e coordinata per scongiurare il rischio di escalation e preservare la pacifica convivenza all’interno del mondo del lavoro.
La speranza è che questo tragico evento possa stimolare una riflessione profonda e una rinnovata ricerca di dialogo e rispetto reciproco, al fine di superare le divisioni e affrontare le sfide future con strumenti di confronto pacifico e costruttivo.






