La notte si avvolgeva di un’aria densa, quasi palpabile, quando una Smart ForFour divenne l’oggetto inatteso di un’attenzione forzata.
L’impatto, violento e brutale, aveva lasciato un’impronta indelebile sulla barriera metallica in corso Luigi Pirandello, a Massata di Somma: un segno tangibile della corsa disperata che si era conclusa in quel modo.
Era scattato tutto poco prima, in un intreccio di comunicazioni urgenti e procedure standard.
La centrale operativa, fulcro nevralgico del controllo del territorio, aveva diramato una nota di ricerca, un avviso dettagliato che descriveva un veicolo appena asportato, identificato da modello, targa e colore, e dalla direzione in cui si muoveva.
Un’informazione cruciale, trasmessa alla sezione radiomobile di Torre del Greco, che si trovava proprio in quel momento nel versante vesuviano, in prossimità di San Sebastiano.
L’incrocio delle informazioni fu immediato, la corrispondenza inequivocabile.
I militari della radiomobile, addestrati alla prontezza e alla reattività, compresero immediatamente la gravità della situazione.
L’autista del veicolo rubato, spinto da una logica di fuga che lo conduceva sull’orlo del precipizio, accelerava senza esitazione, trasformando la strada in un percorso di sfida.
L’inseguimento, una danza pericolosa tra luci abbaglianti e il rombo dell’asfalto, si dipanò per diversi chilometri.
La tensione era palpabile nell’aria, un misto di adrenalina e preoccupazione.
Il capo-equipaggio, con l’esperienza che lo contraddistingue, attivò immediatamente le sirene e i lampeggianti, tentando di forzare la resa senza mettere a rischio l’incolumità di terzi.
Ma l’uomo al volante, un giovane di soli diciannove anni, sembrava determinato a ignorare ogni tentativo di dissuasione.
La velocità era spaventosa, un’audacia che rasentava l’incoscienza.
La Smart ForFour fendeva la notte, un proiettile impazzito.
La conclusione, inevitabile e drammatica, arrivò a Massata di Somma.
In un istante, il controllo del veicolo svanì, la traiettoria si spezzò violentemente contro la barriera di sicurezza.
L’impatto liberò una scarica di energia cinetica, che si manifestò nell’esplosione degli airbag, nel volo del parafanghi sull’asfalto e, soprattutto, nell’impronta permanente della targa sulla struttura metallica del guardrail, una sorta di bassorilievo involontario.
Contrariamente a quanto si sarebbe potuto immaginare, il giovane alla guida risultò miracolosamente illeso.
L’ironia del destino, o forse un intervento soprannaturale, lo aveva protetto da conseguenze più gravi.
Tuttavia, la sua libertà era ormai compromessa.
Le manette, fredde e inequivocabili, sigillarono la sua notte, aprendo un processo che lo vedrà rispondere di furto, resistenza a pubblico ufficiale e, probabilmente, lesioni colpose.
La Smart ForFour, simbolo di agilità e maneggevolezza, giaceva ferma, un relitto di una fuga rovinosa, testimone silenziosa di un dramma notturno.







