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venerdì 21 Novembre 2025

Inverno alpino 2024-25: 11 valanghe, 3 morti e un manto nevoso instabile.

L’inverno 2024-25 sulle Alpi piemontesi si è rivelato un banco di prova particolarmente complesso per la sicurezza nivologica, con un bilancio di 11 incidenti valanghevoli che hanno coinvolto 21 persone, portando a 5 feriti e 3 decessi.

Piuttosto che una stagione definita da eventi singoli e isolati, si è trattato di una concatenazione di fattori che hanno esacerbato le vulnerabilità intrinseche del territorio alpino.

L’analisi dell’Arpa Piemonte, nel suo rendiconto nivometrico, evidenzia come la maggior parte degli eventi (8 su 11) siano direttamente riconducibili alla presenza di strati deboli all’interno del manto nevoso.

Questa criticità è stata innescata da una scarsa copertura nevosa nei primi mesi, un deficit che ha compromesso la stabilizzazione naturale del pacchetto nivale.

La prevalenza di scialpinisti tra le persone coinvolte sottolinea l’importanza di una valutazione accurata dei rischi e di una preparazione specifica per chi pratica attività outdoor in ambiente alpino.
Un elemento distintivo della stagione è stato l’emergere di fenomeni valanghevoli spontanei di notevole intensità, concentrati principalmente nei mesi di marzo e aprile.

Si è assistito a un aumento significativo di *slush flow*, ovvero valanghe di neve gorgogliante, satura d’acqua e caratterizzata da movimenti lenti ma dirompenti.

Questi eventi, spesso inusuali per le Alpi piemontesi in termini di dimensioni e localizzazione, sono stati favoriti da intensi eventi piovosi su neve o da nevicate consistenti e umide.
In particolare, le valli di Formazza, Anzasca, Sesia e Soana hanno subito i danni maggiori, con *slush flow* che hanno raggiunto dimensioni eccezionali, superando in alcuni casi la soglia di eventi storicamente documentati.
La capacità di queste valanghe di impattare la viabilità di fondovalle e, in casi estremi, di invadere aree abitative, testimonia la loro potenza distruttiva e la necessità di una pianificazione territoriale attenta e di sistemi di allerta tempestivi.
Il quadro generale è stato caratterizzato da un deficit di neve fresca, rispetto alla media trentennale (1991-2020), quantificabile tra il -20 e il -40%, particolarmente marcato alle quote inferiori dei settori meridionali.

Questa carenza, parte di una tendenza consolidata negli ultimi anni, si è manifestata con nevicate scarse e concentrate principalmente sui settori di confine settentrionali e occidentali nei mesi invernali.
L’irregolarità delle precipitazioni, alternando periodi di carenza a brevi ma intensi episodi nevosi, ha contribuito a creare un manto nevoso instabile e complesso da interpretare.
L’avvento della primavera ha segnato un cambiamento significativo, con precipitazioni nevose più intense e diffuse che hanno attivato siti valanghivi precedentemente quiescenti.
L’interazione tra il manto nevoso preesistente e le nuove nevicate ha scatenato eventi che hanno interessato anche aree antropizzate di fondovalle, evidenziando la crescente vulnerabilità delle comunità alpine di fronte a un cambiamento climatico in rapida evoluzione.

La comprensione di questi processi complessi, e l’adozione di misure di prevenzione e mitigazione adeguate, rappresentano una sfida cruciale per la sicurezza e la sostenibilità delle Alpi piemontesi.

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