Un’ondata di sgomento e rabbia ha investito il liceo Carducci, in via Asmara, nel quartiere Africano, con la comparsa di una “lista stupri” che ripropone un clima di terrore già manifestatosi in altre scuole.
Il ritrovamento, inciso sui muri del bagno al terzo piano, non è un evento isolato ma il tragico epifenomeno di una cultura profondamente radicata.
La dinamica, già segnata dalla cancellazione frettolosa di alcuni nomi, sottolinea un tentativo maldestro di minimizzazione, un gesto che, paradossalmente, ne amplifica la gravità.
Questo non è un semplice atto vandalico, bensì un sintomo acuto di una società afflitta da una persistente violenza di genere, un retaggio di stereotipi e pregiudizi che permeano l’ambiente scolastico.
La Rete degli Studenti denuncia un clima preesistente di inaccettabili comportamenti, che vanno ben oltre la mera “lista”.
Si evidenzia l’esistenza di posizioni sessiste e moraliste assunte da alcuni docenti, capaci di esprimere giudizi negativi sull’aborto e sull’emancipazione femminile nel mondo del lavoro.
Parallelamente, studenti ricorrono a insulti denigratori di matrice maschilista, attaccando l’identità e la sessualità delle compagne.
Il collettivo Asmara sottolinea come questi episodi non siano “ragazzate”, ma la manifestazione concreta di una società patriarcale e machista, un terreno fertile in cui si formano e si perpetuano modelli di comportamento distorti.
La sensazione di essere ridotte a oggetti, a semplici voci in una lista umiliante, genera un profondo senso di disagio e indignazione.
Bianca Piergentili, coordinatrice della Rete Studenti Medi del Lazio, esprime la necessità di un cambiamento radicale e immediato, un’azione concreta che vada al di là delle dichiarazioni di intenti e delle superficiali indagini.
La denuncia non si rivolge solo ai responsabili diretti, ma alle istituzioni scolastiche che, con la loro omissione e la loro incapacità di promuovere un’educazione sessuo-affettiva basata sul consenso, contribuiscono a creare un clima di impunità.
L’invito è rivolto a superare la logica del capro espiatorio, che concentra l’attenzione sui singoli colpevoli, per affrontare le radici profonde del problema.
Si richiede un’educazione che promuova il rispetto, l’empatia e la consapevolezza dei propri comportamenti, un percorso formativo che coinvolga studenti, docenti e famiglie.
Solo attraverso un impegno collettivo sarà possibile contrastare la violenza di genere e costruire una scuola più sicura e inclusiva, dove ogni studente possa sentirsi libero di esprimere la propria identità e di realizzare il proprio potenziale.
La priorità è un cambio di paradigma culturale che riconosca la centralità del consenso e la pari dignità di ogni individuo.






