Nel cuore di luglio, riecheggia ancora l’eco del 1980, quando Luciana Savignano, incarnazione di eleganza e sensualità, incantò il pubblico genovese con il Bolero di Ravel, sublimato dalla visione coreografica di Maurice Bejart.
A distanza di quattro decenni e mezzo, al Teatro Carlo Felice, la leggendaria Savignano, oggi ottantunenne, ha offerto un’apparizione evocativa, un frammento di memoria che ha richiamato la figura storica di Ida Rubinstein, la ballerina per la quale Ravel concepì la sua celebre partitura sinfonica.
Un istante rarefatto, un sogno danzato, preludio a una serata dedicata al compositore francese, pensata per celebrare il suo centocinquantesimo anniversario.
La serata, curata da Daniele Cipriani, ha inteso delineare un profilo di Ravel, intrecciando aspetti biografici e musicali.
Vittorio Sabadin ha fornito il testo che, affidato agli attori Alessandro Ambrosi e Marco Guglielmi, ha fornito un contesto narrativo, mentre l’Orchestra del Carlo Felice, sotto la direzione di Paolo Paroni, ha restituito l’intensità di quattro opere fondamentali.
L’apertura è stata affidata alla Rapsodie espagnole, con un assolo di Sergio Bernal, che ha anticipato l’atmosfera passionale e ritmica che avrebbe permeato l’intera serata.
La *Pavane pour une bambino defunte* si è poi materializzata in un suggestivo dialogo coreografico, firmato da Simone Repele e Sasha Riva, che ha visto in scena Luca Curreli, Jacopo Giarda e, naturalmente, Luciana Savignano.
La presenza di quest’ultima ha aggiunto un tocco di sacralità e di memoria, creando un gioco di luci e ombre, di portamenti eleganti e pose evocative che hanno catturato l’attenzione del pubblico.
La *Valse*, coreografia inedita di Francesco Nappa, ha visto protagonisti Anberta Toromani e Alessandro Macario.
Pur mostrando spunti interessanti, la performance ha convinto pienamente soprattutto nella sua sezione finale, grazie a una rigorosa impostazione ballettistica e a un’interpretazione carica di pathos.
Il culmine della serata è stato riservato al Bolero.
L’apparizione di Savignano, breve ma intensa, ha creato un’attesa palpabile, preludio alla proposta coreografica di Rafael Aguilar, interpretata da Sergio Bernal e dalla sua compagnia.
Sebbene la coreografia di Aguilar si sia dimostrata ricca di spunti interessanti, essa ha faticato a raggiungere la maestria e la profondità emotiva della visione bejartiana.
L’originale utilizzo di elementi percussivi, pur giustificato dal carattere spagnoleggiante della danza, ha talvolta disturbato l’equilibrio con la musica, apparsa, in alcune sezioni, priva della sua piena risonanza.
Nonostante ciò, l’applauso del pubblico è stato fragoroso, testimonianza del profondo rispetto e affetto che ancora nutre il pubblico genovese per Luciana Savignano e per la sua straordinaria carriera, e un riconoscimento all’impegno e alla passione che hanno animato l’intera serata, un omaggio vibrante alla figura di Maurice Ravel.
Un incontro tra epoche e linguaggi, un dialogo tra passato e presente, capace di evocare la magia del balletto e la potenza della musica.






