Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha esercitato il suo potere di grazia, formalizzando con la firma di cinque decreti in linea con le disposizioni costituzionali delineate dall’articolo 87, comma 11.
L’azione presidenziale, che rappresenta un atto di clemenza di rilevanza costituzionale, è stata preceduta da un’attenta e rigorosa istruttoria condotta dal Ministero della Giustizia.
Quest’ultimo, al termine di un processo volto a valutare i profili di rilevanza giuridica e sociale dei casi specifici, ha espresso un parere favorevole, indispensabile per la legittimità costituzionale dell’intervento di grazia.
La grazia, per sua natura, non incide sulla responsabilità oggettiva dell’autore del reato; essa non cancella il giudizio definitivo né elimina le conseguenze civili derivanti dalla condanna.
Si tratta, piuttosto, di un atto di clemenza che interviene sulla sanzione penale, mirando a temperare la severità della legge in circostanze eccezionali.
La sua applicazione riflette un bilanciamento tra l’esigenza di garantire l’adempimento della legge e la considerazione della dignità umana, del percorso di riabilitazione del condannato e dei fattori attenuanti specifici.
L’articolo 87 della Costituzione, dedicato alla disciplina del giudizio politico, affida al Presidente della Repubblica la potestà di grazia, sottolineando la sua natura di atto sovrano, esercitabile, seppur con limitazioni procedurali, in piena autonomia.
L’istruttoria ministeriale costituisce una garanzia processuale, assicurando che la decisione presidenziale sia basata su elementi concreti e pertinenti, evitando decisioni arbitrarie o impulsive.
Il parere favorevole del Ministro della Giustizia, pertanto, non è una mera formalità, ma un elemento essenziale per la conformità alla legge.
La discrezionalità del Presidente nella concessione della grazia è temperata da principi di legalità e giustizia.
Ogni decisione presidenziale si inserisce in un contesto più ampio di politiche penali e di rieducazione, riflettendo una visione umanistica del diritto, che riconosce l’importanza della riabilitazione e del reinserimento sociale del condannato.
La decisione di concedere la grazia rappresenta quindi un atto di fiducia nel futuro del detenuto e nella sua capacità di contribuire positivamente alla società.
La sua applicazione, per quanto eccezionale, testimonia la capacità del sistema giudiziario italiano di conciliare l’imperativo della legalità con la salvaguardia dei diritti fondamentali della persona.





