Il dibattito sullo sviluppo infrastrutturale e le iniziative industriali nel Mezzogiorno d’Italia rivela una dicotomia cruciale, spesso trascurata: la distinzione tra investimenti strategici per la resilienza e la competitività di un territorio e progetti, per quanto simbolici, che rischiano di disperdere risorse preziose.
L’esempio emblematico del ponte sullo Stretto di Messina incarna questa complessità, sollevando interrogativi profondi sulla reale efficacia e priorità delle scelte di investimento pubblico.
L’impegno statale nel finanziamento di infrastrutture pubbliche è un pilastro fondamentale per lo sviluppo economico di qualsiasi nazione.
Un sistema di trasporti efficiente – strade, ferrovie, porti, reti idriche – non è semplicemente un facilitatore del commercio, ma un fattore abilitante per l’accesso ai servizi, alla formazione, all’occupazione e, in ultima analisi, per la coesione sociale.
La necessità di modernizzare e potenziare tali infrastrutture nel Sud Italia è innegabile, soprattutto in considerazione delle sfide imposte dal cambiamento climatico, che esacerbano i rischi idrogeologici e la vulnerabilità delle reti esistenti.
L’allocazione delle risorse pubbliche, tuttavia, deve essere guidata da una valutazione rigorosa e indipendente, basata su criteri di sostenibilità economica, sociale e ambientale.
L’assenza di un’analisi costi-benefici imparziale per il ponte sullo Stretto, eseguita da enti terzi e non influenzata dagli interessi diretti dei promotori del progetto, ha alimentato dubbi legittimi sulla sua reale convenienza.
Un’analisi esaustiva dovrebbe considerare non solo i costi diretti di costruzione e manutenzione, ma anche i benefici tangibili e misurabili in termini di riduzione dei tempi di percorrenza, aumento dei flussi commerciali, creazione di posti di lavoro e impatto sul territorio circostante.
È imperativo riconoscere che il miglioramento delle reti esistenti – strade provinciali e locali, ferrovie secondarie, sistemi di irrigazione e distribuzione dell’acqua – può generare benefici di portata superiore rispetto alla realizzazione di opere infrastrutturali di grande respiro, spesso focalizzate su un’ottica puramente simbolica.
La resilienza di un territorio non si costruisce soltanto con ponti imponenti, ma soprattutto con la capacità di adattarsi ai cambiamenti, mitigare i rischi naturali e garantire un accesso equo alle risorse fondamentali.
La priorità, pertanto, dovrebbe essere la riparazione e l’ammodernamento delle infrastrutture locali, la rimozione delle barriere alla mobilità interna e l’investimento in tecnologie innovative per la gestione efficiente delle risorse naturali.
Solo così si potrà creare un ambiente favorevole all’iniziativa privata, all’innovazione e alla crescita sostenibile, garantendo al Mezzogiorno d’Italia un futuro prospero e competitivo.
La visione di uno sviluppo equilibrato non può prescindere dalla consapevolezza che la forza di un territorio risiede nella sua capacità di investire nel suo tessuto connettivo, anziché focalizzarsi su opere isolate che rischiano di rimanere simboli di un’opportunità mancata.






