Milano per la Freedom Flotilla: un corteo di solidarietà e rabbia.

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Il crepuscolo avvolgeva piazzale Lodi quando, con un’energia palpabile, si è levato il corteo milanese.

Un fiume umano, un’onda di voci e striscioni, in segno di solidarietà con la Freedom Flotilla, il convoglio umanitario intercettato in acque internazionali dalle forze israeliane a largo di Gaza.
La notizia dell’interruzione del viaggio, destinato a portare aiuti e a denunciare il blocco imposto alla Striscia, aveva scatenato un’ondata di indignazione e mobilitazione in diverse città, e Milano non si è lasciata sfuggire l’occasione di esprimere la propria posizione.

La stima degli organizzatori parlava di circa duemila e cinquecento persone, un numero significativo che riempiva corso Lodi, la trafficata arteria che costeggia la periferia orientale della città.
Numerosi i volti giovani, ma presenti anche figure veterane dell’attivismo pacifista e dei diritti umani.
L’atmosfera era densa di rabbia, ma anche di speranza, alimentata dalla convinzione di poter fare la differenza, di poter contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla complessa e drammatica situazione palestinese.

Gli slogan, portati dall’altoparlante e amplificati dal coro dei manifestanti, rivelavano una posizione netta e inequivocabile.
“Milano sa da che parte stare” era un grido di appartenenza e di impegno civile, mentre l’invocazione “Palestina libera dal fiume al mare” incarnava l’aspirazione a un futuro di autodeterminazione e giustizia per il popolo palestinese, un tema che alimenta da decenni un intenso dibattito politico e giuridico, con interpretazioni divergenti sulla sua possibile attuazione e implicazioni.
L’appellativo “Israele fascista, Stato terrorista” rifletteva una critica radicale delle politiche israeliane nei confronti dei palestinesi, un giudizio severo che evidenziava una percezione di violazione dei diritti umani e di abuso di potere.

Oltre agli slogan, tra i manifestanti si potevano scorgere striscioni che richiamavano l’importanza del diritto internazionale, denunciando la violazione delle norme che regolano l’uso della forza in mare aperto.
Altri esprimevano solidarietà con gli attivisti della Freedom Flotilla, molti dei quali cittadini di diversi paesi, che si erano posti a rischio per portare aiuto e visibilità a una popolazione intrappolata in un conflitto prolungato e devastante.
Il corteo, quindi, non era semplicemente una protesta, ma una manifestazione di impegno etico e politico, un tentativo di dare voce a chi non ne ha, un atto di resistenza contro l’ingiustizia e la sofferenza.
L’evento sottolineava l’importanza della cittadinanza globale e la responsabilità di ogni individuo nel promuovere la pace e la giustizia nel mondo.