L’ondata di violenza verbale che insinua la sua presenza nel mondo del calcio, spesso mascherata da passione e tifo, ha colpito ancora, questa volta raggiungendo la famiglia del centrocampista del Bari, Gaetano Castrovilli.
La moglie dell’atleta, Rachele Risaliti, ha scelto di portare alla luce, attraverso la piattaforma Instagram, un messaggio di minacce particolarmente efferate, rivelando la gravità e la frequenza di tali attacchi.
Il messaggio, di inaudita crudeltà, augurava la morte per cancro all’intera famiglia di Castrovilli, estendendo l’anatema ai suoi figli e a ogni bene a loro caro.
Un’esplosione di odio proveniente da un profilo anonimo, come a sottolineare l’anonimato e la mancanza di coraggio di chi si nasconde dietro la tastiera per vomitare la propria rabbia.
La reazione di Risaliti è ferma e decisa: “Sappi che denunceremo!”.
Una dichiarazione che va oltre la semplice indignazione, esprimendo la volontà di perseguire legalmente i responsabili e di contribuire a creare un ambiente più sicuro e rispettoso.
L’episodio non è isolato, ma si inserisce in un contesto allarmante di escalation della violenza verbale online che accompagna le partite e le prestazioni degli atleti.
Rachele Risaliti denuncia la crescente frequenza di commenti e messaggi di simile intensità, definendoli uno “schifo” e una “vergogna”.
Questo fenomeno, purtroppo, distorce il significato stesso del calcio, che dovrebbe essere un momento di svago, di aggregazione e di condivisione di emozioni positive.
La testimonianza di Risaliti riflette un profondo senso di amarezza e tristezza.
Non è solo la gravità delle minacce a sconvolgerla, ma anche la consapevolezza che la passione sportiva si è trasformata in una forma di aggressività gratuita e inaccettabile.
La sua conclusione, carica di amarezza, evidenzia la necessità di una riflessione più ampia sulla responsabilità individuale e collettiva nel contrasto alla violenza online e nella promozione di un comportamento sportivo improntato al rispetto e alla lealtà.
L’incidente sottolinea anche la fragilità dei confini tra spazio pubblico e privato nell’era digitale, esponendo le famiglie degli atleti a un’intrusione e a un’aggressività che trascendono i confini del campo da gioco.
La denuncia è un appello a riaffermare i valori fondamentali dello sport e a proteggere coloro che lo vivono con passione e dedizione.






