Un fiume di diecimila persone ha attraversato il cuore di Napoli, da Piazza del Gesù a Piazza Municipio, in un potente corteo unitario scaturito dallo sciopero generale indetto dalla CGIL.
La manifestazione, ben più di una semplice interruzione del lavoro, si è configurata come una veemente protesta contro le scelte governative e le criticità che affliggono il tessuto socio-economico regionale.
Sul palco allestito in Piazza Municipio, le voci dei delegati sindacali si sono fuse a quella di Antonio Di Costanzo, giornalista de *la Repubblica* che, a nome dei colleghi in sciopero, ha letto un documento di forte impatto, denunciando la prevista cessione del gruppo editoriale Gedi.
Gli interventi del Segretario Generale della CGIL Napoli e Campania, Nicola Ricci, e del Segretario Confederale Luigi Giove hanno amplificato il messaggio di contestazione e la richiesta di un cambio di rotta.
L’adesione allo sciopero ha avuto un impatto significativo sui trasporti.
Circa il 30% del personale mobile di Trenitalia (macchinisti e capotreno) ha partecipato alla mobilitazione fino all’inizio della fascia di garanzia.
La linea 1 della metropolitana è rimasta chiusa, con la stessa situazione che si è verificata sulla tratta Piscinola-Aversa.
Linee vesuviane hanno subito limitazioni di corse e soppressioni.
Il settore metalmeccanico, spina dorsale dell’economia campana, ha visto un’adesione massiccia.
Nella provincia di Napoli, l’80% dei lavoratori della Marelli, della San Giorgio e della Lmc ha abbandonato i propri posti di lavoro in segno di protesta.
La Lear ha registrato un’adesione del 65%, la Tiberina del 50%.
A Benevento, l’adesione è stata totale presso Hanon Systems, con un impressionante 95% presso Ficomirrors.
La provincia di Salerno ha visto il 79% dei lavoratori della Sirti di Sala Consilina e il 74% dei dipendenti della Sonoco partecipare allo sciopero.
Caserta ha registrato un’adesione del 90% presso Italcoat, Firma e Haiki Metals, e del 60% presso Getra Power.
Nicola Ricci, dal palco di Piazza Municipio, ha definito la manifestazione come un chiaro segnale di allarme rivolto al Governo.
Ha denunciato come la legge di bilancio, nelle sue scelte, ignori le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati, dei giovani e delle famiglie campane.
Ha sottolineato il tragico primato del Mezzogiorno, con una sanità al collasso, costringendo molti a cercare cure al Nord.
Ha lanciato un appello al Presidente della Regione Fico, invitandolo a trovare soluzioni condivise per sostenere le filiere campane in crisi e a promuovere migliaia di nuove assunzioni.
Luigi Giove ha poi criticato aspramente la politica governativa, denunciando la mancanza di interventi concreti per l’incremento dei salari, giudicati irrisori, e i tagli indiscriminati alla sanità e all’istruzione.
Ha stigmatizzato la priorità data alla spesa militare a discapito dei diritti dei lavoratori e la mancata revisione dei contratti pubblici e privati, lasciando milioni di persone in una situazione di precarietà.
Lo sciopero si è quindi configurato non solo come una protesta contro scelte economiche specifiche, ma come una denuncia di un sistema politico considerato profondamente sordo alle istanze del popolo.






