L’investitura a Vicepresidente della Regione Toscana mi pervade di un’emozione complessa, unita a un profondo senso di responsabilità.
Ringrazio il Presidente Giani per la fiducia accordatami, una fiducia che mi riconduce alle radici, a Livorno, la città che ha plasmato il mio percorso e la mia visione del mondo.
È lì, tra le aule scolastiche, i circoli culturali e le discussioni appassionate, che ho appreso il significato dell’impegno collettivo, la forza che deriva dall’abbandonarsi alla comunità, la consapevolezza che nessuna trasformazione può nascere dall’isolamento.
Ricordo, con nitidezza, un momento dell’infanzia, un palco al Terminal Crociere, e un desiderio espresso con la timidezza tipica degli anni: essere riconosciuta per la mia identità, per ciò che rappresentavo.
All’epoca, non potevo immaginare che quelle parole avrebbero segnato l’inizio di un viaggio inaspettato, un percorso intriso di sfide e opportunità.
Oggi, a ventitré anni, mi trovo a rappresentare una generazione che si trova a navigare in acque agitate.
Generazione costretta a confrontarsi con l’insostenibilità degli affitti, la precarietà lavorativa e il peso delle aspettative familiari.
Sono parte integrante di questa realtà, ne condivido le difficoltà e le speranze.
Ed è proprio questa esperienza diretta che intendo tradurre in azioni concrete, in scelte mirate a costruire un futuro più equo e sostenibile.
Questa nomina non è un semplice onore, ma un mandato.
Un mandato che mi impone di portare con me le voci, le istanze e le aspirazioni di una generazione troppo spesso marginalizzata, relegata in un ruolo di spettatrice.
Non si tratta di un’occasione per compiaceri, ma di un impegno a lavorare incessantemente per garantire a tutti pari opportunità, per abbattere le barriere che ostacolano il progresso, per creare un ambiente in cui il talento possa fiorire senza discriminazioni.
La narrativa secondo cui i giovani debbono attendere passivamente il proprio momento, rimanendo ai margini del processo decisionale, è una narrazione fallace e dannosa.
Il cambiamento non è un dono che ci viene offerto, ma un risultato che si conquista con determinazione e coraggio.
Non esistono turni predefiniti, solo la necessità di agire, di proporre, di reclamare il proprio spazio.
Le mani che ora stringono questa responsabilità potrebbero tremare, lo confesso.
Ma sono le mani di una generazione desiderosa di fare, di contribuire, di lasciare un’impronta positiva nel mondo.
Sono le mani di coloro che rifiutano la passività e abbracciano l’azione, consapevoli che il futuro non è qualcosa che ci capita, ma qualcosa che dobbiamo costruire insieme.







