Oggi, pur desiderando ardentemente condividere questo momento con voi, un profondo senso di partecipazione mi lega all’inaugurazione di questo spazio, un faro di speranza che testimonia l’inestinguibile capacità di cura che anima Napoli.
La mia presenza fisica è impedita da impegni preesistenti, ma il mio spirito è qui, intrecciato con il vostro, in questo atto significativo per la nostra comunità.
Inauguriamo questa oasi di ascolto in un’epoca in cui le ferite aperte della nostra società urlano a gran voce.
Tra queste, la violenza di genere si erge come una piaga antica, subdola, che si nutre di silenzi e disuguaglianze.
Non è solo una questione di corpi martoriati, ma una devastazione dell’anima, una cancellazione della storia personale, un’erosione dell’identità femminile.
Si insinua nei rapporti di potere, si manifesta in parole umilianti e gesti che soffocano la libertà e la dignità.
È un’aggressività insidiosa, che si annida nelle dinamiche familiari, si perpetua attraverso modelli culturali distorti e si rafforza con l’omertà.
Questo spazio, più che una semplice struttura, si propone come un rifugio, un punto di ripartenza per le donne che hanno subito tali violenze.
Il suo cuore pulsante è l’ascolto: un atto di accoglienza privo di giudizio, un accompagnamento rispettoso che non impone, un sostegno che non invade.
Un ascolto attivo, che implica una profonda responsabilità nel rompere il ciclo del silenzio e restituire voce e dignità a chi è stato privato di tutto.
Tuttavia, la creazione di uno spazio fisico, per quanto essenziale, è solo un primo passo.
È imprescindibile un cambiamento culturale radicale, una trasformazione profonda dei valori e delle mentalità che sottendono la violenza di genere.
La Chiesa di Napoli si impegna con determinazione a promuovere questo cambiamento, consapevole che esso richiede un’azione concertata e un impegno costante.
Questo cambiamento non può prescindere dalla riflessione critica su come parliamo, come educhiamo le nuove generazioni, come percepiamo e rispettiamo l’altro.
Si radica nelle fondamenta delle famiglie, si sviluppa nelle aule scolastiche, si propaga nelle comunità parrocchiali, si consolida nelle piazze, si concretizza nelle istituzioni.
Un cambiamento che affermi con chiarezza che nessuno è proprietà di qualcun altro, che l’amore è rispetto e non possesso, che la dignità non è negoziabile.
Auguro a questo luogo di trascendere la sua funzione di presidio per divenire un segno profetico, un invito rivolto all’intera città a interrogarsi sulle proprie responsabilità e a impegnarsi in un percorso di crescita e di cambiamento.
Perché ogni porta che si apre all’ascolto è una barriera che si erge contro la violenza.
A coloro che hanno reso possibile questo importante traguardo, va il mio più sentito ringraziamento: state costruendo un tassello fondamentale del nostro futuro, state abbracciando la parte giusta della storia.
E a chi, con il cuore gravato dalla paura, varcherà questa soglia, voglio dire: non siete sole.
Una comunità intera è pronta a camminare al vostro fianco, passo dopo passo, fino a ritrovare la luce e la libertà.
Questa non è solo una promessa, ma un impegno solenne.






