martedì 7 Ottobre 2025
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Occupazione all’Università: Studenti in Sit-in per la Palestina

La facoltà di Scienze Politiche dell’Università Statale di Milano, un fulcro di pensiero critico e dibattito, è stata teatro di un’azione di occupazione da parte del Collettivo Rebelot, un gruppo di studenti che hanno scelto di manifestare il proprio dissenso verso le implicazioni accademiche e geopolitiche del conflitto israelo-palestinese.

L’atto, compiuto nella sede di via Conservatorio, non si configura come un semplice gesto di protesta, bensì come un’esigenza di riappropriazione dello spazio universitario e di una profonda riflessione sulle responsabilità del sapere.
La sospensione delle lezioni, inevitabile conseguente all’occupazione, rappresenta un’interruzione intenzionale del normale svolgimento accademico, un segnale forte per l’intera comunità universitaria e per l’opinione pubblica.

Gli studenti occupanti, organizzati in aule trasformate in spazi di convivenza e di discussione, hanno strategicamente bloccato i tre accessi principali, permettendo l’ingresso selettivo a coloro che condividono l’intento di partecipare alle assemblee e agli incontri programmati.

Questo filtro non è inteso come esclusione, bensì come un invito a un impegno attivo e consapevole.
La dichiarazione pubblicata sul social media Instagram rivela la motivazione profonda dell’azione: la volontà di creare uno spazio di ascolto e di comprensione dei bisogni reali della comunità accademica, spesso ignorati o marginalizzati nelle dinamiche istituzionali.
Il gesto di “bloccare tutto” non è un atto di distruzione, ma un tentativo di interrompere le pratiche consolidate di potere e di aprire un varco verso nuove modalità di apprendimento e di interazione sociale.

L’occupazione si presenta come una risposta concreta alla percezione di una silenziosa complicità, o di una insufficiente riflessione critica, da parte dell’università rispetto alla situazione in Palestina.
Gli studenti non si limitano a denunciare la violenza fisica perpetrata a Gaza, ma mirano a smascherare le radici culturali, ideologiche e accademiche che la rendono possibile.

L’auspicio è quello di un nuovo modo di “sapere”, un sapere che integri l’etica, la responsabilità sociale e l’impegno politico, rompendo con le tradizionali divisioni tra teoria e pratica, tra ricerca e azione.
L’occupazione si configura, quindi, non solo come una protesta contro una specifica politica o evento, ma come una ricerca di un’università più giusta, inclusiva e profondamente consapevole del suo ruolo nel mondo.

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