Il crepuscolo milanese ha accolto un fiume di luce tremula, una processione di fiaccole che serpeggiava da via Iglesias, il cuore pulsante del quartiere Gorla, dove la giovane vita di Pamela Genini è stata brutalmente interrotta.
La madre, Una Smirnova, figura emblematica di un dolore indicibile, avanzava al fianco del compagno, la fiamma che stringeva un faro di speranza in un mare di lacrime.
La ‘Panchina rossa’, simbolo tangibile di una promessa non mantenuta, un monito rosso acceso nella memoria collettiva, ha fatto da punto di convergenza per centinaia di persone, un coro di voci unite nella condanna di una violenza insensata.
L’iniziativa, frutto dell’impegno condiviso di residenti e commercianti, trascende il lutto individuale per diventare una presa di posizione corale contro un fenomeno radicato e pervasivo.
Il femminicidio di Pamela non è stato presentato come un evento isolato, ma come la manifestazione più cruenta di una spirale di abusi e intimidazioni che affligge in silenzio troppe donne.
La retorica dominante ha evitato il sensazionalismo per concentrarsi sulla denuncia di una realtà complessa e multiforme, dove la violenza si manifesta non solo attraverso aggressioni fisiche, ma anche attraverso forme più sottili e pervasive di controllo, manipolazione psicologica e umiliazione.
L’appello rivolto agli uomini è stato particolarmente toccante, un invito urgente alla responsabilità e alla consapevolezza.
Non si è trattato di un’accusa generalizzata, ma di un’esortazione a riconoscere i propri privilegi, a smascherare i modelli tossici di mascolinità che alimentano la violenza di genere e a diventare parte attiva di un cambiamento culturale profondo.
La liberazione delle donne, si è sottolineato, è intrinsecamente legata alla liberazione degli uomini dalle proprie costrizioni e dai propri pregiudizi.
Lo striscione “Per Pamela e per tutte” ha incarnato la vocazione universale del corteo, un tributo a una giovane donna strappata troppo presto alla vita, ma anche un impegno a tutelare la dignità e la sicurezza di ogni donna, ovunque e in ogni momento.
Gli slogan, ripetuti con forza e determinazione, hanno espresso la necessità di un cambiamento radicale, un passaggio dal lamento impotente all’azione concreta, dalla retorica della compassione all’effettiva protezione delle vittime e alla prevenzione di futuri femminicidi.
La fiamma delle fiaccole, nel suo tremolio fragile ma tenace, ha illuminato un percorso arduo ma imprescindibile verso un futuro più giusto e sicuro per tutte le donne.