Il restauro dello Stendardo della Santissima Trinità di Raffaello, un capolavoro processionale custodito a Città di Castello, rappresenta un evento di portata eccezionale, non solo per la sua importanza intrinseca ma anche per le implicazioni che ha sulla nostra comprensione delle origini dell’artista urbinate.
In vista della mostra “Raphael, sublime poetry” al Metropolitan Museum of Art di New York, prevista per il 2026, la curatrice Carmen Bambach e un team di esperti stanno conducendo un’indagine approfondita sull’opera, un’occasione unica per svelare nuovi dettagli e contestualizzarne il significato storico-artistico.
Il restauro, attualmente in corso presso l’ICR di Roma, non è semplicemente un intervento conservativo, ma un vero e proprio viaggio nel cuore della produzione giovanile di Raffaello.
A differenza della Pala Baronci, tradizionalmente ritenuta la sua prima opera, realizzata in collaborazione con Evangelista da Meleto, lo Stendardo è un’opera interamente autografa, un’opportunità irripetibile per osservare l’abilità e l’evoluzione del giovane Raffaello senza la mediazione di un collaboratore.
L’intervento mirerà a recuperare tracce del disegno preparatorio sottostante, permettendo al pubblico americano, e al mondo intero, di apprezzare la visione artistica del maestro in una luce inedita, andando oltre la mera analisi della sua “archeologia” pittorica.
Si interviene su sottili squilibri cromatici, mirando a ristabilire un’armonia più delicata tra la pellicola pittorica e il tessuto di lino, e a ridurre visibilmente le lacune presenti.
Il progetto espositivo al Met ambisce a ridefinire la percezione di Raffaello, presentando il giovane artista come figura emergente, un professionista che ha gettato le sue radici e realizzato la sua prima opera significativa proprio a Città di Castello.
Il comune umbro, custode geloso del capolavoro, vede in questo restauro un’occasione imperdibile per celebrare il ruolo cruciale che la città ha avuto nello sviluppo del genio raffaelliano.
Città di Castello, infatti, fu il luogo dove Raffaello aprì la sua prima bottega, un punto di partenza fondamentale nel suo percorso artistico.
Lo Stendardo, databile tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, un dipinto ad olio su tela (166×94 centimetri per lato), incorniciato da una cornice seicentesca, si presume sia stato commissionato in un periodo segnato da un’epidemia di peste, un evento che ha profondamente influenzato la vita e la cultura dell’epoca.
Il suo valore non risiede solo nella sua bellezza intrinseca, ma anche nel fatto che testimonia le prime fasi della carriera di Raffaello, rivelando già un’abilità e una sensibilità eccezionali.
L’opera è considerata un documento di inestimabile valore, capace di illuminare aspetti finora oscuri della produzione artistica di Raffaello.
Il processo di restauro, che sarà rigorosamente documentato e pubblicato, preceduto da una fase di studio approfondito e diagnosi avanzata, coinvolgerà laboratori specializzati di Napoli e Roma.
L’utilizzo di strumentazione all’avanguardia permetterà di analizzare la composizione chimica dei pigmenti, lo stato di conservazione del supporto e le tecniche pittoriche utilizzate da Raffaello.
Si tratta di un’impresa scientifica e artistica che promette di arricchire significativamente la nostra conoscenza di uno dei più grandi geni dell’arte occidentale.







