La giustizia genovese ha emesso una sentenza di sei anni di reclusione, con rito abbreviato, nei confronti di un uomo di trentacinque anni accusato di rapina a mano armata nei confronti di una giovane studentessa universitaria.
La decisione, pronunciata dalla giudice Caterina Lungaro, sigla un capitolo significativo in un caso che ha destato forte allarme nella comunità locale, sollevando interrogativi sulla sicurezza nelle aree urbane e sulla necessità di rafforzare i sistemi di prevenzione e contrasto alla criminalità.
Il fatto risale al 5 aprile, quando la studentessa, proveniente da Roma per motivi di studio a Genova, è stata oggetto di un agguato premeditato.
L’aggressore, supportato dalla sua difesa rappresentata dall’avvocata Celeste Pallini, aveva pianificato l’azione, seguendo la giovane fino a sorprenderla e minacciarla con un coltello da cucina, al fine di sottrarle il telefono cellulare.
La fuga del rapinatore, abilmente orchestrata, lo ha visto dileguarsi tra le intricate vie del centro storico, rendendo inizialmente difficoltoso il suo rintraccio.
L’efficace lavoro dei Carabinieri della stazione della Maddalena, sotto la direzione del procuratore aggiunto Federico Manotti, si è rivelato determinante nella sua identificazione.
L’utilizzo strategico delle immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza, integrate con un preciso riconoscimento fotografico operato dalla vittima, ha permesso di stringere il cerchio attorno al responsabile.
La Procura della Repubblica, riconoscendo la gravità del reato e il rischio concreto di fuga e reiterazione del crimine, aveva inizialmente richiesto la custodia cautelare in carcere.
Questa richiesta, accolta dal giudice Matteo Buffoni ad agosto, evidenziava la pericolosità del soggetto, già gravato da precedenti condanne per reati analoghi.
La decisione di applicare la custodia preventiva, in questa fase del procedimento, aveva lo scopo di garantire la sicurezza della collettività e prevenire ulteriori atti criminosi.
La sentenza odierna, pur riconoscendo l’opportunità di accedere al rito abbreviato, con la conseguente riduzione della pena, non attenua la gravità delle accuse mosse all’imputato.
Il caso solleva riflessioni cruciali sull’importanza di una risposta giudiziaria efficace e tempestiva per contrastare la criminalità e tutelare la sicurezza dei cittadini, in particolare dei soggetti più vulnerabili.
Inoltre, il caso impone un’analisi più approfondita delle dinamiche sociali che possono favorire l’emergere di comportamenti devianti e l’adozione di misure di prevenzione mirate a rafforzare il tessuto sociale e promuovere una cultura della legalità.








