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giovedì 20 Novembre 2025

Sciopero all’Ilva: adesione massiccia e richieste di intervento urgente

Oggi, lo sciopero di ventiquattr’ore presso lo stabilimento di strada Bosco Marengo ha manifestato una forte risposta da parte delle maestranze, con un’adesione massiccia che i sindacati Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil definiscono particolarmente significativa.

Un contrasto emerge nel coinvolgimento delle aree impiegatizie, meno partecipi rispetto alla forza lavoro operaia.

La mobilitazione, estesa a tutti i siti del gruppo, si è concentrata sull’ex Ilva di Novi Ligure, innescata dall’annuncio del fermo produttivo degli impianti del nord e dal piano di ampliamento della cassa integrazione straordinaria.
La protesta si è concretizzata nella blocco della provinciale Bosco Marengo, per un’ora, e in un corteo improvvisato che si è asserragliato di fronte alla palazzina dei Dirigenti, simbolo tangibile della distanza percepita tra la direzione aziendale e le esigenze dei lavoratori.

Alberto Pastorello, esponente Uilm, ha esplicitamente definito la gestione Urso come un fallimento strutturale, accusandola di scaricare le responsabilità su enti esterni, dai Comuni alle Regioni, in un tentativo di eludere le proprie mancanze.

La preoccupazione primaria è la potenziale interruzione delle attività produttive entro le prime settimane di dicembre, conseguenza diretta dalla carenza di rifornimenti che metterebbe a rischio i siti di Genova, Racconigi e Novi Ligure.
Pastorello ha inoltre messo in discussione la credibilità del piano industriale, giudicato insufficiente e inadeguato con la sua concisione.

I sindacati sollecitano un intervento diretto del Governo, ribadendo la necessità di un ripensamento strategico che possa preservare il futuro della siderurgia italiana, un settore cruciale per l’economia nazionale.
L’ombra della cassa integrazione, che incide su 550 dipendenti, alimenta un profondo scetticismo.
La formazione professionale, presentata come misura di supporto, è percepita come una mera formalità, con un compenso irrisorio di 3,50 euro per i lavoratori coinvolti.

Questo, unito alla mancanza di chiarezza sulle prospettive future e alla sensazione di essere abbandonati, contribuisce ad alimentare un clima di crescente incertezza e frustrazione all’interno delle comunità siderurgiche.
Il rischio è di assistere ad una fuga di competenze e ad un impoverimento del tessuto industriale locale, con conseguenze potenzialmente devastanti per l’intero territorio.

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