- pubblicità -
- pubblicità -

Sgombero Askatasuna: una cesura, ma la resistenza riparte.

- Advertisement -

L’epilogo dello sgombero dell’Askatasuna, centro sociale storico di Torino, segna una cesura tangibile nel tessuto sociale e politico della città.

La decisione, attuata all’alba, ha interrotto un capitolo che si estendeva per quasi tre decenni, un’eredità di attivismo, autogestione e resistenza culturale.

Le parole condivise online dagli occupanti, lungi dal rappresentare una resa, denotano un passaggio cruciale: la partita non è conclusa, ma si riapre su una nuova, inattesa dimensione.

Lo sgombero non è semplicemente la perdita di uno spazio fisico, ma la rottura di un ecosistema di relazioni e pratiche sociali.

L’Askatasuna, in questi anni, è stato un punto di riferimento per una comunità eterogenea, un laboratorio di idee e un luogo di aggregazione per iniziative culturali, politiche e sociali, spesso in dialogo con le istanze più marginali e dissidenti.

La sua esistenza ha rappresentato una sfida al modello dominante, un tentativo concreto di costruire alternative all’interno della società civile.
La risposta immediata degli autonomi, con l’annuncio di un corteo che si svilupperà nel quartiere Vanchiglia, testimonia la volontà di trasformare il dolore per la perdita in mobilitazione e azione.
Il corteo non è solo una manifestazione di protesta contro lo sgombero, ma un atto simbolico di rivendicazione di un diritto: quello di esprimere la propria identità politica e culturale attraverso forme di autorganizzazione e di resistenza pacifica.
La scelta del quartiere Vanchiglia, epicentro dell’azione futura, è significativa.
Vanchiglia è un quartiere popolare, con una forte identità e una storia di lotte sociali.

Il corteo, attraversando le strade del quartiere, vuole riaffermare la presenza e la forza della comunità che ha sostenuto l’Askatasuna nel corso degli anni.

Lo sgombero solleva interrogativi profondi sulla gestione del conflitto sociale, sul ruolo delle istituzioni e sulla tutela delle minoranze.

Riemerge il dibattito sulla necessità di spazi di aggregazione e di espressione libera, soprattutto in un contesto sociale sempre più polarizzato e controllato.
La perdita dell’Askatasuna rappresenta una ferita, ma anche una chiamata all’azione: ricostruire, riorganizzarsi, reinventare le forme di resistenza e di autorganizzazione, per continuare a lottare per un futuro diverso.
Il futuro, adesso, si gioca altrove, ma il seme dell’Askatasuna, la sua eredità di impegno e di resilienza, resta vivo nel cuore di chi crede in un mondo più giusto e solidale.
La partita, in definitiva, è appena cominciata.

- pubblicità -
- Pubblicità -
- pubblicità -
Sitemap