Shiva a processo: rito abbreviato e accuse pesanti a San Benedetto

L’udienza preliminare dinanzi al giudice del Tribunale di Ascoli Piceno, Barbara Caponetti, ha segnato un’evoluzione significativa nel complesso procedimento derivante dalla rissa verificatasi a San Benedetto del Tronto il 30 agosto 2023.

Al centro della vicenda, il noto rapper milanese Andrea Arrigoni, in arte Shiva, figura di spicco del panorama musicale contemporaneo, insieme ad altri individui.

La scelta strategica di Arrigoni e dei suoi coimputati – Boris Bentil, Patrick Raimo e Simone Dannis Alvaro Recrosio – di optare per il rito abbreviato costituisce un elemento chiave.

Questa decisione processuale implica un’ammissione implicita di responsabilità e una speranza di ottenere una riduzione della pena in cambio della rinuncia a un’ampia difesa e al dibattimento in aula.
La data del 21 aprile 2026 è ora segnata nel calendario giudiziario, quando il Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) di Ascoli si pronuncerà sulla richiesta di rinvio a giudizio che riguarda i fratelli sambenedettesi Federico e Pierpaolo Sciocchetti, assunti nel ruolo di imputati e, paradossalmente, di parti civili.
La loro posizione ibrida riflette la complessità delle dinamiche sociali e relazionali sottostanti alla vicenda.

Un terzo giovane concittadino, coinvolto come parte civile, completa il quadro delle posizioni processuali.
L’accusa delineata dalla Procura della Repubblica circoscrive la genesi della rissa a un iniziale conflitto verbale, originatosi in Piazza della Verdura tra il gruppo proveniente da Milano e uno dei fratelli Sciocchetti.

Questa escalation linguistica, secondo la ricostruzione investigativa, avrebbe poi innescato una serie di eventi che hanno portato alla violenta collisione fisica.
La chiamata di “rinforzi”, effettuata dal fratello Sciocchetti, avrebbe amplificato il confronto, trasformandolo in un vero e proprio scontro.
La dinamica successiva, descritta nell’atto d’accusa, presenta elementi di particolare gravità: l’invito esplicito rivolto a Shiva e ai suoi compagni, affinché scendessero dal balcone per “sistemare” la questione.

Questo invito, intriso di una carica di sfida e provocazione, suggerisce un clima di crescente tensione e aggressività.
L’impianto accusatorio sostiene che il gruppo milanese abbia fatto ricorso alla violenza fisica, colpendo i sambenedettesi con una serie di percosse, tra cui l’utilizzo di una cintura e, soprattutto, di un coltello.

Questa circostanza cruciale ha portato contro Andrea Arrigoni anche l’accusa di porto abusivo di arma da taglio e lesioni aggravate, aggravanti che incidono significativamente sulla potenziale severità della pena.

La testimonianza di un ferito, che ha riferito di aver visto Shiva con le mani insanguinate, aggiunge ulteriore drammaticità alla vicenda.
A completare il quadro delle accuse, vi è la contestazione di concorso in furto aggravato, relativo ad uno zaino contenente denaro ed effetti personali di uno dei fratelli Sciocchetti.

Nonostante i successivi gesti riparatori, concretizzati nell’invio di una lettera di scuse e nel risarcimento delle parti offese, il procedimento penale continua il suo corso, sollevando interrogativi sulla responsabilità individuale e collettiva, sulla giustizia riparativa e sul ruolo della cultura musicale e dei suoi idoli nel contesto sociale.

La vicenda, al di là del suo valore giuridico, rappresenta una lente d’ingrandimento sulle dinamiche di conflitto, sulla gestione della rabbia e sulla necessità di strumenti di mediazione e di risoluzione pacifica dei conflitti.

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