La Puglia e la Basilicata si trovano sull’orlo di una crisi idrica senza precedenti, una drammatica conseguenza di una siccità protratta che sta mettendo a dura prova il tessuto economico e sociale del Mezzogiorno.
I dati forniti dall’Osservatorio ANBI dipingono un quadro allarmante: le riserve idriche foggiane si attestano a livelli critici, inferiori al 15% della capacità totale, con l’invaso di Occhito ridotto a una riserva di appena 42 milioni di metri cubi, pericolosamente vicina alla soglia del volume morto.
Una situazione che si riflette in tutta la regione e oltre confine, con la Basilicata che sta già pianificando interruzioni notturne dell’erogazione.
Questa emergenza non è un evento isolato, ma il culmine di una tendenza strutturale.
L’Autorità di bacino dell’Appennino meridionale ha innalzato il livello di severità idrica al massimo per il servizio potabile, riconoscendo una crisi profonda, iniziata nel 2024 e proiettata verso un protrarsi almeno fino al 2026, superando ampiamente il normale ciclo biennale di siccità.
La gravità della situazione è ulteriormente sottolineata dalla capacità di stoccaggio degli invasi lucani, inferiori ai 90 milioni di metri cubi, un dato che ha superato il precedente record negativo registrato lo scorso dicembre con oltre un mese e mezzo di anticipo, con un deficit di ben 26 milioni di metri cubi rispetto all’anno precedente.
Anche la diga di Monte Cotugno, la più grande d’Europa, vede la sua capacità ridotta a un mero 38,5 milioni di metri cubi, ben lontana dai suoi 272 milioni di capacità autorizzata.
Le implicazioni per il settore agricolo sono devastanti.
La carenza idrica minaccia i raccolti di ortaggi e verdure, pilastri fondamentali dell’economia regionale.
Il calo del foraggio verde nei pascoli mette a rischio l’allevamento e la filiera agroalimentare.
Oltre all’agricoltura, anche l’approvvigionamento idrico per uso domestico e industriale è a rischio, con ripercussioni dirette sulla qualità della vita dei cittadini.
Coldiretti Puglia, nel denunciare la situazione, sottolinea la necessità di un cambio di paradigma nella gestione delle risorse idriche, promuovendo una strategia di prevenzione basata sulla realizzazione di un piano di invasi su scala regionale.
Un sistema di bacini, integrato con sistemi di pompaggio, non solo garantirebbe riserve idriche sufficienti nei periodi di siccità, ma permetterebbe anche la produzione di energia elettrica, trasformando una sfida in un’opportunità.
La rete idrica non sarebbe quindi un semplice sistema di stoccaggio, ma una risorsa multifunzionale, capace di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, ridurre l’impatto delle piogge intense, che accentuano il ruscellamento superficiale, e contribuire alla transizione energetica.
La sfida attuale richiede un approccio integrato, che coinvolga istituzioni, agricoltori, tecnici e cittadini.
La costruzione di nuovi invasi, la riqualificazione delle infrastrutture esistenti, l’adozione di pratiche agricole efficienti e la promozione di una cultura del risparmio idrico sono elementi imprescindibili per garantire la sostenibilità del territorio e il benessere delle generazioni future.
Il futuro del Mezzogiorno dipende dalla capacità di trasformare la crisi idrica in un’occasione per un cambiamento profondo e duraturo.







