L’evoluzione dello sport femminile in Italia rivela un quadro complesso, caratterizzato da progressi incoraggianti ma anche da persistenti disparità strutturali.
I dati recenti, emersi durante il convegno internazionale “Lo sport al femminile: barriere e opportunità” promosso dall’Università di Torino in partnership con la Federazione Italiana Rugby e l’associazione Amici nel Rugby, evidenziano un’impennata nelle iscrizioni femminili, particolarmente significativa nella fascia di età over 55.
Questo dato suggerisce una riscoperta tardiva, ma concreta, dei benefici fisici e sociali dello sport da parte di una generazione che in passato ha avuto meno opportunità di accesso.
Tuttavia, la rappresentanza femminile nelle posizioni di leadership rimane considerevolmente limitata: solo il 7% dei ruoli dirigenziali è ricoperto da donne, e una percentuale ancora più ridotta (3%) ricopre il ruolo di allenatrice.
Paradossalmente, l’Italia si distingue per un numero elevato di arbitri donne, un dato che segnala un potenziale di leadership femminile in ambiti specifici, ma che non si traduce in una paritaria presenza nelle strutture decisionali.
Il convegno ha sottolineato come lo sport, lungi dall’essere un mero passatempo, debba essere riconosciuto come un potente strumento di inclusione sociale e di promozione dell’uguaglianza di genere.
Come evidenziato dal presidente del Coni Piemonte, Stefano Mossino, l’attenzione deve essere rivolta a una pluralità di fattori: la ridefinizione dei modelli organizzativi delle società sportive, la revisione dei programmi educativi, l’ampliamento della visibilità mediatica e la valorizzazione degli eventi sportivi femminili.
La giornalista Mimma Caligaris ha posto l’accento sull’importanza di un linguaggio inclusivo e accurato nella comunicazione sportiva, sottolineando come la narrazione sportiva, ancora troppo spesso orientata su schemi tradizionali, contribuisca a perpetuare stereotipi e a limitare la percezione del potenziale femminile.
Il cambiamento, secondo Caligaris, deve partire dalla famiglia e coinvolgere attivamente le istituzioni scolastiche, che possono svolgere un ruolo cruciale come catalizzatori di una trasformazione culturale più ampia.
Eugenia Garcia Sottile, dell’Università Cattolica di Valencia, ha confermato la persistenza di stereotipi di genere radicamente impressi in manuali e media, evidenziando la necessità di un approccio formativo innovativo per i futuri professionisti dello sport.
La formazione deve mirare a sviluppare una sensibilità critica e a promuovere una partecipazione femminile piena e consapevole, andando oltre la mera presenza fisica.
In questo senso, lo sport non è solo una disciplina fisica, ma anche un microcosmo sociale che riflette e amplifica le dinamiche di potere e le disuguaglianze presenti nella società.
Investire nella formazione di allenatori e dirigenti capaci di decostruire questi pregiudizi e di promuovere un ambiente sportivo equo e inclusivo è un investimento nel futuro dello sport e, più in generale, nella costruzione di una società più giusta e paritaria.







