Il panorama culturale italiano è al centro di una profonda riflessione strutturale, che mira a ridisegnare il ruolo e il sostegno economico dei teatri lirici.
La proposta di introdurre una fascia intermedia tra le Fondazioni liriche e i teatri di tradizione solleva interrogativi cruciali sulla sostenibilità e la continuità dell’offerta culturale, con il rischio concreto di declassazioni che potrebbero innescare una contrazione significativa delle produzioni operistiche.
A delinearne le implicazioni è Michele Galli, sovrintendente del Teatro Carlo Felice di Genova, in un intervento tenuto durante l’iniziativa “Professione musica”, promossa dal Centro Paganini.
Il Carlo Felice, uno dei templi della lirica italiana, si trova ad affrontare una situazione finanziaria delicata.
Il teatro vanta un organico di 258 dipendenti, un numero considerevole che incide pesantemente sul bilancio.
Le entrate, pari a 23 milioni di euro, provengono da diverse fonti: un contributo statale di 11 milioni, 3 milioni dalla Regione, 4 dal Comune, 2,4 dalla biglietteria, e un apporto privato da Iren e Passadore.
Questo quadro si scontra con uscite che superano i 25 milioni, evidenziando un deficit che richiede interventi urgenti.
Galli sottolinea la necessità di un coinvolgimento attivo del tessuto imprenditoriale locale, definendolo metaforicamente come “custodi del faro”, capaci di illuminare il futuro del teatro.
L’appello non si limita a imprese e banche, ma si estende anche a singoli privati, riconoscendo che la vitalità del Carlo Felice dipende dall’adesione e dall’impegno di tutta la comunità.
L’inclusione non si limita al pubblico numeroso, ma si estende a segmenti di fruitori spesso marginalizzati, come le persone con disabilità visive, per le quali si stanno studiando percorsi innovativi, come visite tattili pre-spettacolo, per garantire una partecipazione piena e consapevole.
Nonostante le sfide, l’attuale gestione ha registrato segnali incoraggianti.
L’incremento degli abbonati alla stagione sinfonica, da 117 a 350, e l’aumento complessivo degli abbonati (sinfonica e lirica), da 1371 a 1900, rappresentano un segnale di ripresa, pur rimanendo distanti dai livelli pre-pandemia (3100).
Questi risultati testimoniano la capacità di cambiamento e la volontà di superare la gestione precedente.
Un nodo cruciale rimane l’efficientamento energetico: un costo di 1 milione di euro annui per i consumi rappresenta un onere significativo che limita la capacità di investimento in altri settori.
La visione di Galli è quella di trasformare il Carlo Felice in un vero e proprio teatro di comunità, un punto di riferimento non solo per Genova, ma per l’intera regione, investendo in particolare sul “Teatro della Gioventù”, un palcoscenico dedicato alle realtà locali e alle nuove generazioni, un motore di innovazione culturale e sociale.
Si tratta di un progetto ambizioso che mira a consolidare il ruolo del teatro come fulcro della vita culturale e sociale del territorio.








