La sentenza della Corte Costituzionale odierna getta luce su un principio cardine del nostro ordinamento, il divieto del terzo mandato consecutivo, che si rivela un vincolo non solo per le Regioni ordinarie, ma anche per le autonomie speciali, le cui peculiarità formali – l’elezione diretta del Presidente e l’ampiezza dei poteri ad esso conferiti – non lo esonerano dalla sua applicazione.
La decisione, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma provinciale trentina che aveva derogato a questo limite, segna un importante chiarimento sulla pervasività di questo principio e sul suo ruolo nel garantire la tenuta del sistema democratico.
L’atto legislativo provinciale, nel suo tentativo di modificare la durata massima in carica del Presidente, si è dimostrato in conflitto con un principio che, pur non derivante direttamente dalla Costituzione, è stato attentamente ponderato dal legislatore statale.
La Corte Costituzionale sottolinea come il divieto del terzo mandato non sia un semplice vincolo formale, ma un meccanismo di bilanciamento cruciale all’interno del sistema politico.
Esso opera come un ‘ponderato contraltare’ rispetto all’elezione diretta del vertice monocratico, mitigando i rischi connessi alla concentrazione di potere nelle mani di un’unica figura.
La Corte evidenzia, inoltre, che il divieto del terzo mandato rappresenta un ‘delicato punto di equilibrio’ tra diritti fondamentali: il diritto di elettorato attivo e passivo.
Permettere una durata illimitata in carica per un singolo individuo potrebbe, infatti, limitare l’opportunità per altri candidati di accedere alle cariche elettive, alterando la dinamica competitiva e riducendo la pluralità di voci nel dibattito pubblico.
Il principio garantisce, quindi, una maggiore genuinità della competizione elettorale e una più ampia democraticità delle istituzioni, promuovendo il ricambio generazionale e l’introduzione di nuove prospettive nel governo del territorio.
Infine, la sentenza ribadisce che l’autonomia legislativa delle Regioni e delle province autonome, pur garantendo un ampio margine di discrezionalità, non è illimitata.
Il principio di eguaglianza nell’accesso alle cariche elettive, un pilastro del nostro ordinamento costituzionale, impone limiti anche alle competenze legislative primarie di queste entità.
La decisione della Corte Costituzionale, pertanto, non solo riafferma la centralità del divieto del terzo mandato, ma anche la necessità di un costante bilanciamento tra autonomia e principi costituzionali, al fine di salvaguardare la tenuta e la vitalità del sistema democratico nel suo complesso.
La sentenza sottolinea che il principio non è un ostacolo all’autonomia, ma un suo corollario, volto a garantire che essa si eserciti nel rispetto dei valori fondanti della Repubblica.








