Nel cuore di Torino, all’intersezione tra Via Vittorio Alfieri e Via Arsenale, un luogo intriso di storia si trasforma in un presagio del futuro: l’ex caveau del Banco di Napoli, un tempo custode di beni preziosi, ora destinato a diventare un rifugio di ultima difesa.
L’iniziativa, promossa dal gruppo torinese Vertico, fondato da Andrea Delmastro ed Edoardo Follo, rappresenta un’inedita risposta alla crescente incertezza geopolitica e alla consapevolezza di una vulnerabilità globale.
La struttura, miracolosamente sopravvissuta alle devastazioni del bombardamento del 1927, è stata scelta per la sua robustezza intrinseca: pareti in calcestruzzo armato di un metro e mezzo di spessore, testimonianza di un’epoca in cui la sicurezza era un imperativo silenzioso.
Il progetto di Vertico non prevede demolizioni, ma un’integrazione sofisticata di tecnologie avanzate, ispirate agli standard svizzeri, per garantire un livello di protezione senza precedenti.
Il caveau, trasformato in un bunker autonomo, si configura come un ecosistema di sopravvivenza completo.
Porte blindate antiradiazione sigillano l’accesso, mentre un impianto di ventilazione NBC (nucleare, biologico, chimico) purifica l’aria con un’efficienza del 99,9%, eliminando particelle radioattive, virus e agenti biologici.
Un sistema di stoccaggio di beni essenziali, unito a riserve idriche e fonti di energia rinnovabile, garantiscono un’autonomia di un mese per dodici persone, creando un’oasi di stabilità in un contesto potenzialmente catastrofico.
L’arredamento interno, completamente personalizzabile, offre una gamma di opzioni che spaziano dal comfort primario alla lussuosa rifinitura: cucine, aree living, camere da letto, sistemi multimediali, tutto progettato per mitigare lo stress e mantenere un senso di normalità durante periodi di isolamento.
La lista degli optional, che sfiora l’immaginario fantascientifico, include un’anticamera di decontaminazione, serre idroponiche per la produzione di cibo fresco, una zona attrezzata con tute anti-radiazioni, maschere antigas e filtri, e persino un ascensore segreto che collega l’attico al rifugio.
Per i palati più raffinati, non manca una cantinetta per vini con capienza fino a trenta bottiglie, simbolo di una resistenza elegante anche nei momenti più bui.
L’interesse per questo bunker italiano, unico nel suo genere, è già giunto da investitori provenienti da tutto il mondo, dal Principato di Monaco agli Emirati Arabi, testimoniando una crescente domanda di sicurezza e resilienza a livello globale.
Mentre Paesi come la Finlandia hanno introdotto l’obbligo di costruzione di rifugi negli edifici di grandi dimensioni, e la Svezia vanta una rete di rifugi in grado di ospitare milioni di persone, l’Italia, un tempo all’avanguardia nella costruzione di infrastrutture sotterranee, si ritrova con un numero limitato di bunker.
L’eredità italiana di rifugi sotterranei si manifesta in forme diverse: a Roma, il bunker di Villa Torlonia, originariamente pensato come riparo antiaereo e antigas, è ora aperto a visite guidate per i turisti; a Milano, il Buker Breda offre un’esperienza simile; mentre a Brione, in provincia di Brescia, prende forma il primo villaggio bunker italiano, concepito come una micro-città sotterranea antiatomica, un progetto ambizioso che mira a creare un modello di resilienza comunitaria.
La trasformazione dell’ex caveau del Banco di Napoli si inserisce in questo contesto, segnando un nuovo capitolo nella storia italiana dei rifugi sotterranei, un monito silenzioso e un investimento nel futuro.