L’evento del 20 dicembre a Torino ha lasciato un’eredità complessa di indagini e valutazioni legali, con la Digos che ha identificato un numero significativo di individui in relazione agli alterchi e ai disordini che hanno accompagnato la manifestazione di protesta contro lo sgombero del centro sociale Askatasuna.
L’identificazione di oltre trenta persone, un numero destinato probabilmente ad aumentare con il proseguimento delle analisi delle immagini e delle testimonianze raccolte, segnala una escalation nella gestione delle proteste e sottolinea la necessità di un’attenta disamina delle responsabilità.
Le condotte individuate durante la manifestazione, ora sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori, spaziano dalla violenza e resistenza all’autorità, fino alla violazione delle normative in materia di manifestazioni pubbliche, in particolare l’articolo 18 del TULPS (Testo Unico di Legge sulle Disposizioni in Materia di Espropriazioni e Trasporti Pubblici), che disciplina la necessità di preannunciare le manifestazioni alle autorità competenti.
Il sequestro di un furgone utilizzato dai manifestanti ha rivelato una preparazione logistica meticolosa, suggerendo un’organizzazione strutturata volta a sostenere l’azione di protesta.
La presenza di un impianto acustico per amplificare i messaggi, fumogeni per creare un impatto visivo, vernice spray presumibilmente utilizzata per vandalizzare proprietà pubbliche o private, generatori di corrente per garantire l’autonomia energetica e taniche contenenti benzina, solleva interrogativi sulla potenziale pericolosità dell’azione e sulla volontà di creare un clima di tensione.
L’individuazione e la denuncia delle tre persone a bordo del veicolo per i reati di violenza e resistenza aggravate, oltre alla violazione del TULPS, rappresenta un primo passo nelle indagini.
Precedentemente all’afflusso dei manifestanti davanti a Palazzo Nuovo, sede di alcune facoltà universitarie, una serie di controlli mirati erano stati implementati, coinvolgendo caselli autostradali, vie di accesso alla città e stazioni ferroviarie.
L’accurata registrazione delle generalità di oltre cento individui, molti dei quali provenienti da diverse regioni italiane, evidenzia la natura interregionale della protesta e suggerisce un coordinamento tra gruppi provenienti da differenti contesti sociali e politici.
Questo aspetto è cruciale per comprendere le dinamiche e le motivazioni alla base della manifestazione.
L’inventario dei reperti sequestrati, che include un tubo metallico presumibilmente utilizzato per lanciare fuochi d’artificio, un blocco autobloccante di cemento recuperato sul luogo degli scontri e il casco danneggiato di un operatore del Reparto Mobile, offre un quadro tangibile della violenza che ha caratterizzato la giornata.
La presenza di questi oggetti, alcuni potenzialmente pericolosi, e il danno subito dall’operatore di polizia, rimarcano l’escalation del conflitto e le possibili conseguenze in termini di sicurezza pubblica.
La Procura, ricevendo le informazioni raccolte, dovrà ora valutare l’opportunità di avviare procedimenti penali e stabilire le responsabilità individuali alla luce delle evidenze raccolte.
L’episodio, inoltre, riapre il dibattito sulla gestione delle proteste, sulla libertà di espressione e sulla necessità di bilanciare questi diritti con la tutela dell’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini.






