Torre Guaceto: Un Modello Innovativo per la Tutela del Mare

La riserva naturale di Torre Guaceto, sentinella costiera tra Carovigno e Brindisi, abbraccia un’innovativa strategia di gestione dei rifiuti da pesca, segnando un punto di svolta nella tutela dell’ecosistema marino.

L’abbandono delle tradizionali cassette in polistirolo, spesso fonte di dispersione di microplastiche e detriti, è stato sostituito da contenitori in plastica resistente e riutilizzabile, frutto di una collaborazione sinergica tra il Consorzio di Gestione della riserva, la start-up “Sea the Change” e la Fondazione Cetacea, promotori del progetto “Netreborn”.
L’iniziativa si inserisce in un quadro più ampio di riduzione dell’impronta antropica sull’ambiente marino, un obiettivo che trascende la mera rimozione dei rifiuti.

Come sottolinea Vito Birgitta, vicepresidente del Consorzio, l’azione è concepita per garantire una salvaguardia duratura e uno sviluppo sostenibile lungo l’intera costa, riconoscendo la complessa interconnessione tra attività umane e salute degli ecosistemi.
La scelta di Torre Guaceto come laboratorio di questo cambiamento non è casuale: l’area rappresenta un crocevia di biodiversità, un ambiente fragile che necessita di un approccio proattivo e innovativo.

“Netreborn” ambisce a diventare un modello replicabile, un esempio virtuoso di come l’ingegno e la cooperazione possano generare un impatto positivo sull’ambiente.
Luca Barani, CEO di “Sea the Change”, esprime la soddisfazione per la realizzazione del progetto e la volontà di estendere le attività in Puglia, contribuendo attivamente alla protezione degli habitat marini.
L’iniziativa non si limita alla fornitura di nuovi contenitori, ma include un monitoraggio costante e un’analisi dei dati raccolti, con l’obiettivo di affinare le strategie di gestione e prevenzione dell’inquinamento.
Un elemento distintivo del progetto è l’integrazione di una componente di ricerca acustica sottomarina.
Grazie alla partnership con Arpa Puglia, i ricercatori stanno analizzando il panorama acustico del fondale, un fattore sempre più riconosciuto come determinante per la salute degli ecosistemi marini.

Il rumore antropico, generato da attività umane come la pesca a strascico, il traffico marittimo e le trivellazioni, può interferire con la comunicazione degli animali marini, alterare i loro comportamenti e compromettere la loro capacità di trovare cibo e riprodursi.

Per coinvolgere direttamente i pescatori nel processo di monitoraggio, è stata sviluppata una app dedicata, che consente loro di condividere anonimamente i dati relativi alle rotte di navigazione.
Queste informazioni, apparentemente semplici, si rivelano estremamente preziose per identificare le sorgenti di inquinamento acustico e valutare il loro impatto sugli organismi marini, inclusi quelli di interesse commerciale.
In questo modo, i pescatori stessi diventano custodi attivi del mare, fornendo un contributo fondamentale alla ricerca scientifica e alla tutela dell’ambiente.
Il progetto “Netreborn” si configura, dunque, come un esempio di come la tecnologia e la partecipazione attiva delle comunità locali possano convergere per la salvaguardia del patrimonio marino.

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