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Violenza, stalking e minacce: uomo in carcere per proteggere la vittima

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Un drammatico intreccio di violenza domestica, stalking e minacce di suicidio ha portato alla carcerazione di un uomo di 50 anni, originario di un paese straniero, a seguito della flagrante violazione di una misura cautelare restrittiva.
L’uomo, oggetto di un’attenta indagine condotta dalla Squadra Mobile di Ancona sotto la direzione della Procura locale, è stato colpito da un provvedimento di custodia cautelare in carcere, una decisione assunta dal Giudice per le Indagini Preliminari (GUP) in attesa dell’udienza preliminare prevista per gennaio 2026.
Il percorso che ha condotto a questa decisione culmina in una escalation di comportamenti persecutori, che affondano le loro radici in un episodio avvenuto il 25 giugno scorso.
In tale data, gli agenti della Volante intervennero in un’abitazione del centro cittadino a seguito di una segnalazione di lite familiare proveniente dalla figlia minore dell’uomo.

L’intervento si concretizzò con l’arresto del padre per maltrattamenti in famiglia e lesioni personali nei confronti della moglie, a cui aveva causato un trauma cranico con una prognosi di 25 giorni.
La sua condotta violenta si estese anche nei confronti delle forze dell’ordine intervenute, procurandogli ulteriori accuse di violenza a pubblico ufficiale e lesioni.
Dopo una breve detenzione, l’uomo era stato rilasciato con l’applicazione di una misura cautelare più lieve: l’allontanamento dall’abitazione familiare e un raggio di interdizione di mille metri nei confronti della moglie, tutelata anche tramite il monitoraggio del braccialetto elettronico.

Questa misura, pensata per garantire la sicurezza della donna e prevenire ulteriori contatti, si è rivelata inefficace nel contenere la spirale di violenza.
Le indagini successive, protrattesi fino alla fine di novembre, hanno messo in luce come l’uomo abbia deliberatamente ignorato le restrizioni imposte, mantenendo un comportamento persecutorio nei confronti della moglie.

Le comunicazioni, inizialmente mascherate, si sono poi trasformate in minacce esplicite di morte, alimentate da un delirio che includeva la presunta capacità di manomettere il braccialetto elettronico per poi raggiungere e assassinare la donna, per poi togliersi la vita.

Tali minacce, unitamente alla violazione sistematica delle restrizioni imposte, hanno convinto il GUP a disporre l’aggravamento della misura cautelare, optando per la custodia in carcere come unica garanzia per la sicurezza della vittima e per la prevenzione di ulteriori reati.

La decisione del GUP sottolinea la gravità della situazione e la necessità di un intervento più drastico per proteggere la donna da un potenziale pericolo imminente.

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