Vita nell’Età del Bronzo: nuova luce dalla Calabria.

Un’indagine multidisciplinare, frutto di una collaborazione internazionale tra il Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, l’Università di Bologna e il Cedad (Centro di fisica applicata, datazione e diagnostica dell’Università del Salento), ha restituito un affresco inedito sulla vita di una comunità pastorale dell’età del Bronzo, insediata sui monti dell’Orsomarso, in Calabria.

Lo studio, pubblicato su *Communications Biology* (Nature Portfolio), ha integrato l’analisi del DNA antico – estrapolato da resti ossei – con sofisticate datazioni al radiocarbonio, svelando dinamiche genetiche, strutture familiari e aspetti della vita quotidiana di un gruppo umano fiorito tra il 1780 e il 1380 a.
C.

L’approccio adottato ha superato la mera cronologia, combinando dati archeologici con l’analisi genomica per delineare le dimensioni e l’organizzazione sociale della comunità.
L’integrazione di queste diverse linee di evidenza ha permesso di ricostruire una trama complessa, rivelando una struttura funeraria probabilmente differenziata per sesso ed età, indicativa di un sistema sociale gerarchizzato.

Un elemento particolarmente sorprendente emerso dall’analisi del DNA antico è la documentazione di un caso di consanguineità estrema, senza precedenti nel contesto archeologico dell’età del Bronzo.

L’analisi ha identificato un giovane maschio il cui profilo genetico suggerisce una relazione riproduttiva tra parenti di primo grado: il padre identificato in un adulto sepolto nello stesso sito funerario, la madre presumibilmente una figlia dello stesso individuo.
Questa scoperta solleva interrogativi significativi sulle pratiche sociali e le scelte riproduttive di questa popolazione, suggerendo un potenziale isolamento genetico e una possibile necessità di preservare le linee di discendenza in un contesto demografico limitato.

L’indagine sottolinea il ruolo cruciale delle tecniche di fisica applicata, in particolare la spettrometria di massa con acceleratore per la datazione radiocarbonica, come strumenti imprescindibili per le scienze del passato.

Il Cedad di Lecce, con la sua competenza nella datazione radiometrica, ha fornito un ancoraggio temporale essenziale per l’interpretazione dei dati genetici e archeologici, definendo con precisione la finestra cronologica di attività della comunità e l’utilizzo della grotta come luogo di sepoltura.
La capacità di integrare metodologie provenienti da discipline diverse – archeologia, genetica, fisica – si rivela fondamentale per ricostruire storie umane complesse e superare i limiti delle singole discipline.
Questo studio rappresenta un esempio emblematico di come la collaborazione interdisciplinare possa illuminare aspetti inediti dell’evoluzione umana e delle dinamiche sociali nel passato remoto.

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