L’amara testimonianza di un uomo di 82 anni, ex assistente tecnico di Telecom Italia a Bari, apre un varco cruciale nella complessa vicenda della responsabilità ambientale e della tutela della salute dei lavoratori. Dopo oltre tre decenni di servizio, un percorso professionale segnato dall’esposizione continua all’amianto, il Tribunale del Lavoro di Bari ha riconosciuto la natura professionale delle placche pleuriche calcifiche bilaterali che affliggono l’uomo, condannando l’INPS alla corresponsione di una rendita mensile. La decisione, resa pubblica dall’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), solleva interrogativi profondi sulle pratiche di sicurezza implementate e sulle conseguenti implicazioni sanitarie per i lavoratori esposti.Per trentuno anni, l’uomo ha svolto attività di controllo e collaudo sulla rete telefonica, un lavoro che lo ha esposto in maniera diretta e prolungata a fibre di amianto aerodisperse. La sede di Telecom Italia, situata a brevissima distanza (solo 50 metri) dallo storico stabilimento Fibronit – noto centro di produzione di manufatti in cemento-amianto – creava una situazione di rischio intrinseca e tuttora difficile da quantificare completamente. L’ONA sottolinea come le ispezioni, i sopralluoghi e le operazioni tecniche, attività quotidiane, si siano svolti in assenza di adeguate protezioni individuali, configurando una grave carenza nella tutela della salute del lavoratore.Un elemento particolarmente inquietante emerge nell’uso quotidiano di un telo ignifugo contenente amianto crisotilo, fornito dalla stessa azienda. Questo materiale, destinato a proteggere i componenti durante le operazioni di saldatura, ha rappresentato un fattore aggravante nell’esposizione, perpetuando un ciclo di rischio apparentemente “ordinario” e strutturale. La sentenza del Tribunale di Bari non è solo una vittoria personale per il lavoratore, ma un monito per l’intero sistema Paese, evidenziando come la consapevolezza e la gestione del rischio amianto siano state, per anni, sistematicamente sottovalutate.La denuncia dell’ONA, e le parole del suo presidente Ezio Bonanni, sottolineano la necessità di una revisione completa delle pratiche aziendali e delle responsabilità istituzionali. L’azione legale intrapresa non si limita all’ottenimento della rendita mensile, ma mira anche a conseguire un adeguato risarcimento dei danni subiti e una rivalutazione delle pensioni, riconoscendo pienamente il costo umano e sociale di questa tragedia ambientale. Il caso, emblematico di una storia troppo comune, rimarca l’urgente necessità di garantire un ambiente di lavoro sicuro e salubre, proteggendo i lavoratori da rischi ancora oggi troppo spesso ignorati o minimizzati. La battaglia per la giustizia continua, con l’obiettivo di prevenire altre storie simili e di onorare la memoria di chi ha pagato, con la propria salute, il costo di un progresso non sostenibile.