Il corteo funebre si snodava come un fiume di lutto, un lento, inesorabile movimento di figure avvolte nel nero, i volti oscurati da occhiali da sole che non riuscivano a celare il dolore, le lacrime che rigavano le guance.
Dietro la bara, color sabbia, la famiglia e gli amici di Nicola Casucci, il giovane rider di diciotto anni strappato alla vita in un tragico incidente ad Andria.
Un silenzio denso, quasi palpabile, gravava sull’atmosfera, interrotto solo dal lamento funebre delle campane, un suono profondo che sembrava vibrare nel cuore stesso della città.
La cerimonia, celebrata nella chiesa della Madonna della Grazia, era stata chiusa al pubblico, un gesto di rispetto e raccoglimento per una comunità sconvolta.
Non era momento di analisi, di indagini, di recriminazioni.
Di fronte all’assoluto, al mistero insondabile della morte, ogni tentativo di spiegazione razionale appariva fragile e inadeguato.
Il lutto richiedeva contemplazione, compassione, una profonda riflessione sull’effimero della condizione umana.
Don Vito Zinfollino, nel suo commovente discorso funebre, invitò i presenti, e in particolare gli amici di Nicola, a trasformare questa immane perdita in un catalizzatore di cambiamento positivo.
Non si trattava di sfuggire al dolore, ma di accettarlo come un’opportunità per una rinascita spirituale, per una vita dedicata al bene, all’edificazione, alla costruzione di un futuro più giusto e più umano.
“Questa ferita,” esortò, “deve segnare una svolta, un punto di non ritorno verso una esistenza improntata alla solidarietà, all’empatia, alla responsabilità.
“L’omelia si rivolse con particolare insistenza ai più giovani, esortandoli a valorizzare il potenziale inespresso di ogni individuo, riconoscendo in loro la vera bellezza e la speranza per il domani.
In un mondo spesso segnato da superficialità e individualismo, era fondamentale riscoprire il valore dell’altro, promuovere la collaborazione, coltivare relazioni autentiche e significative.
Il sacerdote richiamò l’attenzione sul fatto che, nonostante la sofferenza e la disperazione, Dio non desidera la morte dell’uomo, ma è presente, accanto a noi, a condividere il nostro dolore, offrendo conforto e speranza.
La fede, in questo momento di profonda crisi esistenziale, si rivelava un faro, una guida, un sostegno imprescindibile per affrontare il lutto e ritrovare un senso di pace interiore.
L’eredità di Nicola, giovane uomo pieno di promesse, doveva essere un monito costante per tutti, un invito a vivere una vita più autentica, più consapevole, più generosa.