L’attesa è palpabile a Bari, dove il Tribunale è chiamato a emettere una sentenza di portata storica nel processo “Codice Interno”, un’inchiesta che ha scosso le fondamenta della politica e dell’economia pugliesi.
Al centro dell’attenzione, l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, figura chiave in un complesso intreccio di accuse che coinvolgono un vasto numero di persone – 103 in totale – e che getta luce su presunti rapporti di collusione tra organizzazioni criminali, classe dirigente e tessuto imprenditoriale locale.
L’arresto di Olivieri, avvenuto il 26 febbraio 2024, ha segnato l’inizio di una vicenda giudiziaria che ha portato alla sua detenzione, protrattasi per oltre un anno, e ora mitigata da misura cautelare dei domiciliari.
L’imputazione principale è quella di scambio elettorale politico-mafioso, aggravata da accuse di estorsione, reati che, secondo l’accusa, avrebbero permeato le dinamiche politiche del 2019.
Il cuore dell’accusa risiede nell’ipotesi che Olivieri abbia orchestrato una rete di accordi con tre importanti clan baresi, con l’obiettivo di favorire l’elezione al consiglio comunale della moglie, Maria Carmen Lorusso.
Quest’ultima è anch’essa imputata, ma in un processo distinto, che si svolge a dibattimento e che approfondisce la stessa dinamica di presunta collusione elettorale.
Lorusso, candidata in una lista di centrodestra, ha visto la propria elezione realizzata, alimentando il dibattito sulla legittimità del processo democratico quando intessuto da fili di presunta illegalità.
La vicenda non si limita a Olivieri e Lorusso.
Altri personaggi di rilievo sono coinvolti, tra cui i boss del quartiere Japigia, Savino Parisi ed Eugenio Palermiti, figure centrali nelle dinamiche criminali locali.
A loro sono affiancati i rispettivi figli, Tommaso Parisi (noto nel mondo della musica neomelodica con il nome d’arte ‘Tommy’) e Giovanni Palermiti, il cui coinvolgimento aggiunge ulteriori elementi di complessità al quadro indiziario.
La difesa di Olivieri ha vigorosamente contestato le accuse, sostenendo la sua assenza di consapevolezza riguardo alle affiliazioni criminali di alcuni degli interlocutori coinvolti nella campagna elettorale.
I difensori hanno puntato a delegittimare la prova indiziaria, argomentando una possibile manipolazione delle informazioni e un’errata interpretazione delle dinamiche politiche.
La Procura della Dda, guidata dai magistrati Marco D’Agostino e Fabio Buquicchio, ha richiesto una condanna a dieci anni di reclusione per Olivieri, ritenendo l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso pienamente sostenuta dagli elementi raccolti durante le indagini.
La sentenza imminente rappresenta un momento cruciale non solo per i diretti interessati, ma per l’intero sistema giudiziario e per la percezione della fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni.
Oltre alla valutazione delle responsabilità individuali, il processo “Codice Interno” si configura come un’opportunità per esaminare a fondo le modalità con cui la criminalità organizzata può infiltrarsi nella politica, corrompendo i valori democratici e minando la legalità.
L’esito del processo sarà determinante per delineare i contorni di una risposta giudiziaria efficace contro il fenomeno del voto di scambio e per rafforzare la trasparenza e l’integrità del processo politico.