La tragica vicenda che ha visto protagonista un neonato deceduto in una culla termica presso una parrocchia di Bari solleva interrogativi complessi e dolorosi, al centro di un’indagine giudiziaria che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per il parroco, don Antonio Ruccia, e per il tecnico Vincenzo Nanocchio.
L’accusa verte su una serie di negligenze e disfunzioni che hanno compromesso la sicurezza del sistema di monitoraggio, con conseguenze fatali.
L’elemento centrale della contestazione riguarda il sensore di peso posto sotto il materasso, dispositivo apparentemente progettato per garantire l’attivazione di un allarme in caso di necessità.
Tuttavia, l’indagine ha rivelato che questo sensore, di tipo prevalentemente orientato alla prevenzione di intrusioni (funzione “antifurto” basata sulla pressione esercitata da un adulto), era inadeguato a rilevare il peso ridotto di un neonato di soli 2,8 chilogrammi.
Questa scelta progettuale, unita a un cortocircuito che ne ha impedito il corretto funzionamento, ha determinato l’assenza di segnale verso la scheda elettronica e il combinatore telefonico, privando il parroco di un avviso tempestivo.
A ciò si aggiunge un altro fattore critico: il sistema di condizionamento dell’aria.
L’indagine ha evidenziato come, a causa di una perdita di gas nel compressore, il sistema erogasse aria fredda anziché calda, con un impatto potenzialmente dannoso per la termoregolazione del neonato.
La programmazione automatica dello spegnimento dopo soli nove minuti di funzionamento, in assenza di movimento rilevato, ha amplificato il rischio di ipotermia.
I pubblici ministeri sostengono che Ruccia e Nanocchio abbiano omesso di implementare misure di sicurezza ridondanti, quali sensori e interruttori multipli, per garantire il funzionamento del sistema anche in caso di guasto.
Avrebbero dovuto inoltre disabilitare la funzione di spegnimento automatico del condizionatore e prevedere un meccanismo di attivazione dell’allarme, come un pulsante manuale, da premere al momento della posa del neonato.
L’accusa riguarda anche la condotta del parroco Ruccia, accusato di aver generato un “affidamento ingannevole” attraverso un cartello affisso all’esterno della culla.
Questo cartello, indicando il collegamento diretto con il locale del Policlinico e sottolineando la natura termica della culla, avrebbe indotto in errore chiunque si affidasse a tale sistema come garanzia di sicurezza e sopravvivenza del neonato.
La vicenda solleva, pertanto, questioni etiche e professionali cruciali, riguardanti la responsabilità dei gestori di strutture dedicate all’assistenza dei neonati, l’importanza di sistemi di sicurezza robusti e ridondanti, e la necessità di una comunicazione trasparente e veritiera riguardo alle caratteristiche e alle limitazioni di tali sistemi.
La tragedia ha aperto un dibattito sull’adeguatezza delle misure di sicurezza e sulla necessità di standard più elevati per la tutela della salute e della vita dei più piccoli.