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Corte Costituzionale: stop alle tariffe regionali che invadono le competenze statali

La recente sentenza n.

122 della Corte Costituzionale pone una pietra miliare nell’interpretazione del rapporto tra legislazione regionale e competenze statali in materia di sanità, dichiarando l’illegittimità costituzionale di una norma della legge regionale pugliese n.
28 del 10 aprile 2024.

La disposizione incriminata, l’articolo 26, anticipava l’applicazione delle nuove tariffe per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e protesica sul territorio regionale, anticipando un processo normativo di competenza esclusiva dello Stato.

La decisione della Consulta giunge in risposta a un ricorso presentato dal Governo, il quale ha argomentato la violazione dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

Quest’articolo, fondamentale per delineare i confini della competenza legislativa regionale, sancisce la prevalenza della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica e, conseguentemente, nella definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

L’intervento della Corte Costituzionale si è focalizzato sulla modalità con cui la Regione Puglia aveva inteso implementare le nuove tariffe.
Il rischio individuato è quello di una frammentazione del sistema sanitario nazionale, con l’introduzione di standard di assistenza divergenti da quelli definiti a livello statale.

Questa dissonanza non solo comprometterebbe l’uniformità dell’accesso alle cure su tutto il territorio nazionale, ma minerebbe anche l’efficacia del piano di rientro dalla crisi finanziaria che grava sulle Regioni, come la Puglia, soggette a rigorosi vincoli di spesa.
La sentenza evidenzia una delicata questione di equilibrio: la necessità di garantire alle Regioni autonomia legislativa in materia di sanità, pur nel rispetto dei principi fondamentali che regolano l’organizzazione e il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale.

L’articolo 26 della legge regionale, nel suo tentativo di accelerare l’adozione delle nuove tariffe, aveva in realtà bypassato il processo di formazione dei LEA previsto dalla legislazione statale, creando una potenziale sovrapposizione di competenze e un rischio di spesa non conforme ai vincoli di legge.

Inoltre, la Corte ha richiamato il principio di congruità, sancito dall’articolo 81, terzo comma, della Costituzione, sottolineando l’importanza di una gestione finanziaria responsabile e sostenibile nel settore sanitario.
L’anticipazione delle tariffe, senza una previa valutazione dell’impatto economico e finanziario, avrebbe potuto compromettere la stabilità del sistema sanitario regionale e nazionale.

La decisione della Consulta costituisce un monito per tutte le Regioni, ribadendo l’importanza di una stretta collaborazione con lo Stato nella definizione delle politiche sanitarie e il rispetto dei vincoli finanziari imposti dalla Costituzione e dalle leggi statali.
La sentenza non solo chiarisce i limiti dell’autonomia regionale in materia di tariffe sanitarie, ma sollecita anche una riflessione più ampia sulla necessità di un sistema sanitario nazionale più coeso e efficiente, capace di garantire a tutti i cittadini un accesso equo e sostenibile alle cure.

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