La tradizione secolare della castanicoltura pugliese si trova sull’orlo di un precipizio, con previsioni di perdite che potrebbero raggiungere il 90% della produzione.
Un quadro drammatico dipinto da Coldiretti Puglia, che solleva un campanello d’allarme per un patrimonio arboreo di inestimabile valore storico, culturale ed economico, particolarmente vulnerabile nel cuore del Gargano.
L’aggressività del cinipide galligeno, un insetto parassita la cui proliferazione è favorita dai cambiamenti climatici e dalla perdita di biodiversità, sta letteralmente decimando i castagneti.
Gli alberi secolari, custodi di una memoria arborea millenaria, mostrano segni di profonda sofferenza, con una progressiva defogliazione e un indebolimento strutturale che ne compromette la vitalità.
Le giovani piante, invece di esprimere il loro potenziale fruttifero, faticano a produrre anche solo pochi chili, segnalando una crisi generazionale che potrebbe irreversibilmente alterare il paesaggio e l’economia locale.
La situazione è ulteriormente aggravata dalla congiunta azione di patogeni fungini, come la peronospora del castagno, e di malattie fogliari, come la bruciatura, che provocano la caduta prematura delle foglie e dei ricci, vanificando ogni speranza di raccolto.
Questi attacchi, spesso legati a stress idrici e a squilibri nutrizionali del suolo, agiscono in sinergia, accelerando il declino degli alberi e amplificando le perdite economiche per i produttori.
Nonostante la gravità del quadro, si stanno compiendo sforzi per contrastare questa emergenza.
Programmi di lotta biologica, volti a controllare le popolazioni di cinipidi, e interventi di difesa contro il “mal dell’inchiostro”, una malattia virale che compromette la fotosintesi, sono stati implementati nelle aree più vocate della regione, come Vico del Gargano, Carpino, Ischitella, Cagnano, e nelle zone del basso Salento e della Murgia.
Tuttavia, la sfida è ardua e richiede un approccio integrato che coinvolga istituzioni, ricercatori, tecnici e produttori.
L’impatto di questa crisi non si limita alla sfera economica.
La perdita dei castagneti pugliesi comporterebbe una progressiva sostituzione con castagne importate, provenienti principalmente da Portogallo, Turchia, Spagna e Grecia, spesso commercializzate come prodotto italiano.
Questa situazione, oltre a danneggiare l’immagine della filiera agroalimentare nazionale, penalizzerebbe i produttori locali, costretti a competere con prezzi artificialmente bassi e a rinunciare a una tradizione secolare di qualità e autenticità.
La salvaguardia dei castagneti pugliesi, quindi, rappresenta un imperativo non solo economico, ma anche culturale e identitario, un investimento nel futuro di un territorio ricco di storia e di bellezza.
È necessaria una strategia a lungo termine che promuova la ricerca di varietà resistenti, il miglioramento delle pratiche agronomiche e la sensibilizzazione dei consumatori sull’importanza di sostenere i prodotti locali e di qualità.