Il caso mediatico che coinvolge Chiara Ferragni si evolve con la prospettiva di un accordo risarcitorio a favore di una settantaseienne residente in Campania, vittima, a suo dire, delle dinamiche commerciali legate al Pandoro Pink Christmas.
La donna, già costituita parte civile nel procedimento penale che vede l’influencer e altri due individui accusati di truffa aggravata, sembra orientata a ritirare la sua richiesta in cambio di un risarcimento economico stimato intorno ai 500 euro.
L’episodio si inserisce in un quadro più ampio di contestazioni legali che investono l’impero digitale di Ferragni, focalizzandosi in particolare sulle pratiche promozionali e di marketing relative ai prodotti natalizi, innescate dalle segnalazioni relative alla mancata devoluzione di una quota dei ricavi a enti benefici.
Nonostante le ripetute dichiarazioni di innocenza da parte dell’imprenditrice, l’accusa ipotizza una presunta manipolazione delle aspettative dei consumatori, sfruttando l’immagine di beneficenza per incentivare gli acquisti.
L’accordo in fase di definizione non rappresenta una risoluzione definitiva del procedimento penale, che continua a svilupparsi con diverse implicazioni legali.
Il giudice Ilio Mannucci Pacini dovrà esaminare le istanze di altre parti civili, tra cui associazioni di consumatori, e decidere sull’ammissibilità di riti alternativi al processo ordinario.
La scelta di un rito abbreviato, se confermata, potrebbe accelerare i tempi, con udienze già calendarizzate per novembre e dicembre.
La pronuncia della sentenza, secondo le attuali previsioni, potrebbe intervenire a gennaio.
L’esito positivo delle trattative risarcitorie, pur attenuando l’impatto immediato sul caso, non esclude la possibilità di un processo pubblico, che inevitabilmente solleverà interrogativi sulla trasparenza delle attività di marketing digitale, la responsabilità delle figure apicali nelle aziende influencer e la tutela dei diritti dei consumatori, in particolare dei più vulnerabili.
L’episodio si configura come un campanello d’allarme per l’intero settore, invitando a una maggiore consapevolezza e a un rigoroso controllo delle promesse di beneficenza legate alla vendita di prodotti commerciali.
La vicenda pone, inoltre, un dibattito più ampio sulla percezione della responsabilità sociale delle figure pubbliche del web e sul ruolo della giustizia nella protezione dei consumatori manipolati da narrazioni ingannevoli.








