Il cordoglio e l’angoscia si intrecciano nel dramma che avvolge la famiglia Sommario di Racale, mentre Filippo Manni, 21 anni, affronta la realtà carceraria a seguito dell’efferato omicidio della madre, Teresa Sommario. Il 17 giugno, un atto di violenza inaudita ha spezzato la serenità familiare: Filippo, in un impeto di rabbia scatenato da un banale rimprovero, ha tolto la vita alla madre con un’ascia da boy scout, un’arma che contrasta violentemente con la quotidianità del gesto.Il colloquio in carcere, un fragile ponte tra l’uomo e il figlio, ha rivelato uno scenario emotivamente devastante. Filippo Manni, di fronte al padre Daniele, ha ceduto a un crollo emotivo profondo, un fiume di lacrime e suppliche disperate. L’appello “Non abbandonarmi, aiutami” non è solo un grido di paura, ma una richiesta di sostegno che va oltre la mera assistenza materiale, una domanda di comprensione e cura per una psiche evidentemente fragile. La richiesta di informazioni sui funerali della madre, unita alla preoccupazione per il benessere delle zie materne e dei fratelli gemelli, suggerisce un senso di colpa e di attaccamento che persistono nonostante la gravità delle sue azioni. L’urgenza di sapere come stanno i suoi cari, di essere in qualche modo reintegrato in quel tessuto familiare lacerato, rivela una necessità di connessione umana profonda.Un elemento significativo è la richiesta di avere a disposizione dei quaderni per scrivere. Questo gesto potrebbe indicare un bisogno di elaborazione emotiva, un tentativo di dare forma ai propri pensieri e sentimenti tumultuosi, un primo passo verso la comprensione delle proprie azioni e delle loro conseguenze. L’atto di scrivere, di riversare su carta il proprio dolore e la propria confusione, potrebbe rappresentare una valvola di sfogo e una via per la possibile redenzione.Il legale di Filippo Manni, l’avvocato Francesco Fasano, sta ora valutando la necessità di una perizia psichiatrica. Un accertamento medico-legale si presenta come un elemento cruciale per comprendere le dinamiche psicologiche che hanno portato a questo tragico evento. L’obiettivo non è tanto quello di attenuare le responsabilità penali, quanto piuttosto di fornire una chiave di lettura per individuare le cause del gesto violento e di predisporre un percorso terapeutico adeguato, volto a recuperare l’equilibrio psichico del giovane e a prevenire il rischio di recidiva. La speranza, in questo momento di profondo dolore e smarrimento, è che la giustizia, insieme alla scienza, possa illuminare le tenebre che avvolgono questa vicenda e offrire una possibilità di ricostruzione per tutti i coinvolti.
Filippo Manni, il grido dal carcere: Non abbandonarmi
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