La Corte d’Assise d’appello di Catania ha emanato una sentenza cruciale nella vicenda della 26enne Martina Patti, condannata a trent’anni di reclusione per l’omicidio della figlia Elena. La decisione del tribunale ha decretato la necessità di un’approfondita valutazione psichiatrica per determinare lo stato mentale dell’imputata al momento della commissione del delitto. Gli esperti incaricati da questa sentenza sono il profondo conoscitore di patologie psicologiche, lo psichiatra forense Roberto Catanesi dell’università di Bari, e l’esperto di disturbi mentali nell’ambito etneo, Eugenio Aguglia. Questo passaggio è stato fissato per il 26 maggio prossimo.Nell’udienza recente, Martina Patti si è espressa sulla sua condizione mentale durante l’accaduto spiegando come le sue difficoltà fossero nate da una relazione problematica con un suo ex e violenze subite. Dopo un’esperienza deludente nell’amore in rete, la donna ritenne di essere caduta in profonda depressione. Martina parlò anche del rapporto affettivo con sua figlia e della sua decisione disperata di portarsi via entrambe.I suoi difensori, gli avvocati Tommaso Tamburino e Gabriele Celesti, hanno sostenuto, basandosi su una perizia approfondita da loro commissionata, che Martina Patti nell’istante in cui commise il delitto aveva effettivamente ridotto la sua incapacità di intendere e volere. Per questo motivo insistettero nella richiesta di un’approfondita valutazione psichiatrica collegiale. Il sostituto procuratore generale Agata Consoli, anche se ritiene che l’accusa fosse convinta che Martina Patti fosse cosciente dell’atto in cui si stava impegnando, avanzò ugualmente la richiesta di perizia collegiale al fine di eliminare ogni possibile dubbio.