Un’opera d’arte effimera, un intervento site-specific di imponenti dimensioni – novanta metri quadrati di superficie – si staglia ora nelle acque prospicienti la Basilica di San Nicola a Bari: un gigantesco cerotto che incide la superficie del Mediterraneo.
L’installazione, promossa da Sos Mediterranee Italia, è un monito tangibile, una ferita aperta che rimanda alla sofferenza silenziosa e spesso invisibile di chi intraprende viaggi disperati attraverso il mare.
L’iniziativa, presentata alla stampa alla presenza del sindaco, Vito Leccese, si configura come un appello urgente e inequivocabile alla responsabilità collettiva.
Il nome scelto, “La ferita del Mediterraneo”, non è un mero artificio retorico, ma una constatazione amara.
Il “mare nostro”, culla di civiltà, crocevia di culture, è diventato un teatro di tragedie, un confine mortale che ha inghiottito la vita di oltre 42.
500 persone negli ultimi anni, numeri che superano la comprensione e che meritano una risposta concreta, non solo di pietà.
Il sindaco Leccese ha sottolineato come l’opera si proponga a scuotere le coscienze, a sollecitare un cambio di paradigma non solo nell’opinione pubblica, ma soprattutto tra i decisori politici a livello nazionale e internazionale.
Il Mediterraneo, storicamente vettore di scambio, di dialogo e di arricchimento reciproco, è oggi segnato da un’emergenza umanitaria che ne altera profondamente il significato e ne contravviene la vocazione.
Bari, capitale italiana della solidarietà e della pace, come definito da Papa Francesco, si erge in questo contesto come un simbolo di accoglienza e di speranza.
La collocazione dell’opera, di fronte alla Basilica di San Nicola, patrono universale che trascende confini religiosi e culturali, rafforza ulteriormente il messaggio di unità e di compassione.
San Nicola, figura che incarna l’incontro e il superamento delle barriere, si fa garante di un’azione concreta a favore dei più vulnerabili.
L’amministrazione comunale, in linea con la propria identità, si impegna a preservare e valorizzare il “gene” dell’accoglienza che da sempre caratterizza la città.
Questa installazione artistica rappresenta un richiamo potente a riscoprire e a vivere pienamente questo patrimonio culturale e umano, trasformandolo in azione concreta per un futuro più giusto e inclusivo, dove il Mediterraneo torni ad essere mare di connessioni, non di disperazione.
L’opera si pone, dunque, come un invito a una riflessione profonda sui valori fondanti della convivenza civile e sulla necessità di un’azione globale e coordinata per affrontare le cause profonde delle migrazioni forzate.