Un atto di profanazione, un’eco disturbata dalla contemporaneità: la lapide di Rosario Berardi, sottufficiale di polizia assassinato dalle Brigate Rosse nel 1978, è stata recentemente teatro di una nuova, inquietante presenza. La parola “Gaza” è apparsa, tracciata con uno spray, sotto il marmo che commemora la sua scomparsa, un gesto che riemerge dopo un episodio simile verificatosi all’inizio del 2024, sebbene questa volta la lapide sia rimasta immune da ulteriori imbrattamenti.L’episodio ha scosso profondamente Giovanni Berardi, figlio del sottufficiale e presidente dell’associazione europea “Vittime del Terrorismo”. La sua reazione, espressa con forza e indignazione, trascende la mera denuncia di un atto vandalico. Si tratta di una ferita aperta, un’offesa alla memoria di un padre e, simbolicamente, a tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita per la sicurezza e la giustizia. Berardi descrive gli autori del gesto come figure latenti, celate nell’ombra e mosse da un’avidità distruttiva, paragonandoli a “sciacalli”.La sua determinazione, tuttavia, emerge con una lucidità commovente. Non si tratta di un semplice atto di pulizia, ma di un impegno costante a custodire la memoria, a preservare l’onore di chi gli ha donato la vita. Berardi esprime un rifiuto categorico verso chi compie tali azioni, negando loro qualsiasi forma di riconoscimento o comprensione, definendoli privi di anima e di un discorso valido.L’episodio si colloca in un contesto più ampio di crescente polarizzazione e strumentalizzazione della memoria. Il gesto, pur nella sua apparente semplicità, tenta di equiparare la sofferenza di una vittima del terrorismo italiano con le complesse e tragiche vicende del conflitto israelo-palestinese, appiattendo storie di violenza e dolore che hanno radici e dinamiche profondamente diverse. Questo tentativo di sovrapposizione genera ulteriore dolore per i familiari delle vittime, che vedono la memoria dei loro cari strumentalizzata per fini politici o ideologici.La risposta di Giovanni Berardi, con la sua ferma opposizione e la sua incondizionata dedizione alla memoria, rappresenta un baluardo contro questa appropriazione indebita. E’ un monito a proteggere la dignità delle vittime, a non permettere che il dolore venga distorto e utilizzato per alimentare divisioni e conflitti. La sua presenza costante, la sua cura per la lapide del padre, simboleggiano la resilienza, la determinazione a non cedere alla barbarie e a mantenere viva la fiamma della giustizia e del ricordo.