La recente vicenda accaduta all’Università Aldo Moro di Bari, legata al semestre filtro della facoltà di Medicina, solleva interrogativi profondi sulla valutazione dei percorsi formativi, la selezione degli studenti e, soprattutto, sul ruolo dei docenti come figure di ispirazione e guida.
Secondo quanto riportato dall’associazione Udu Bari, una docente, al termine di una lezione, avrebbe espresso giudizi discutibili, limitando la vocazione medica a chi proviene da specifici indirizzi di scuola superiore, e suggerendo alternative professionali meno impegnative per gli studenti che non avrebbero superato il periodo di prova.
L’episodio ha generato sconcerto e preoccupazione tra gli studenti, che hanno immediatamente condiviso le loro impressioni con Udu Bari.
La gravità della questione non risiede tanto nella singola affermazione – che potrebbe essere interpretata come un’espressione impulsiva – quanto nell’effetto destabilizzante che tali commenti hanno avuto sul morale e sulla motivazione degli studenti.
Il semestre filtro, concepito come un momento di verifica e di orientamento, si trova così a confrontarsi con un clima di incertezza e di sfiducia.
L’associazione Udu Bari ha giustamente sottolineato la necessità di un incontro tra la docente e gli studenti, auspicando un gesto di scuse e una più ampia riflessione sulle implicazioni etiche e pedagogiche di tali dichiarazioni.
Il semestre filtro, infatti, accoglie candidati provenienti da percorsi formativi diversi, spesso con storie e background differenti, inclusi studenti più maturi o in cerca di una seconda opportunità.
Imporre barriere ideologiche o professionali, sminuendo il valore dell’impegno e del sacrificio individuale, rischia di alimentare frustrazione e abbandono.
La vicenda, lungi dall’essere un caso isolato, mette in luce una problematica più ampia: la pressione eccessiva che grava sugli studenti universitari, l’iper-competizione e la necessità di ripensare i criteri di valutazione del percorso formativo.
Un vero docente non dovrebbe esercitare un giudizio preventivo sulle capacità o il destino professionale dei propri studenti, ma piuttosto offrire supporto, incoraggiamento e stimolare la passione per la conoscenza.
Il semestre filtro, in questa prospettiva, dovrebbe rappresentare un’opportunità di crescita e di auto-scoperta, non un campo di battaglia ideologico.
La riflessione che ne deriva è cruciale per garantire un ambiente accademico inclusivo, stimolante e rispettoso della dignità di ogni individuo.
L’episodio impone, inoltre, una revisione dei protocolli di comunicazione interna all’università, al fine di prevenire il ripetersi di situazioni simili e promuovere un dialogo costruttivo tra docenti e studenti.