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venerdì 14 Novembre 2025

Tragedia a Bari: Rinvio a giudizio per la morte del neonato Angelo

La vicenda che coinvolge don Antonio Ruccia, parroco della chiesa San Giovanni Battista di Bari, e Vincenzo Nanocchio, tecnico elettricista, si presenta come una tragica miscela di responsabilità professionale, innovazione tecnologica fallace e, soprattutto, la perdita irreparabile di una giovane vita.

Il gup Ilaria Casu ha formalmente disposto il rinvio a giudizio dei due imputati, accusati di omicidio colposo in relazione alla morte di un neonato, il cui corpo fu scoperto il 2 gennaio scorso dal personale di un’impresa di onoranze, impegnato in un servizio funebre presso la stessa chiesa.

L’evento, che ha profondamente scosso la comunità barese, ruota attorno a un sistema di culla termica innovativo, pensato per offrire assistenza e monitoraggio costante a neonati abbandonati.
L’idea, apparentemente nobile e orientata alla protezione dei più vulnerabili, si è rivelata fatale a causa di un malfunzionamento critico.
Secondo le accuse mosse dalla Procura, il sistema, progettato per inviare notifiche sul cellulare del parroco e attivare il riscaldamento in caso di rilevamento del peso del bambino, non ha operato correttamente, privando il neonato di un adeguato controllo della temperatura e, conseguentemente, condannandolo all’ipotermia.

La morte del bambino, immediatamente soprannominato “Angelo” dal sindaco in segno di commosso cordoglio, ha sollevato interrogativi complessi sulla gestione di iniziative di assistenza sociale, sull’affidabilità delle tecnologie applicate alla cura dei neonati e sulla responsabilità dei professionisti coinvolti.

La richiesta di patteggiamento della pena, presentata dai difensori di don Ruccia, è stata respinta dal gup Casu, sottolineando la gravità del fatto e la necessità di un processo pubblico che possa fare luce sulle dinamiche che hanno portato alla tragedia.

Oltre alla dimensione penale, il caso evidenzia una riflessione più ampia sulla necessità di una valutazione rigorosa e indipendente dell’efficacia e della sicurezza di qualsiasi sistema tecnologico impiegato in contesti delicati come l’assistenza alla prima infanzia.

L’innovazione, sebbene potenzialmente benefica, deve essere accompagnata da protocolli di sicurezza ben definiti, controlli periodici e una formazione adeguata per chi ne è responsabile.

La vicenda di “Angelo” rappresenta, in questo senso, un monito doloroso e un punto di partenza per una revisione critica delle pratiche esistenti e per una maggiore tutela dei diritti dei neonati.

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