In un Policlinico dove l’aria, a volte, si fa pesante di attesa e preoccupazione, si fa strada un’iniziativa luminosa, un’oasi di storie capace di trasformare la degenza ospedaliera in un’esperienza più serena e ricca di significato.
La Biblioteca ospedaliera Lory Marchese, un progetto nato nel 2019 e animato dalla confraternita di Misericordia di Foggia, dal CSV Foggia e dal Ce.
S.
eVo.
Ca.
, offre ai piccoli pazienti un tesoro inestimabile: il potere delle parole.
Guidati con passione dalla presidente Laura Pipoli, un gruppo di volontari instancabili porta nei reparti di neuropsichiatria infantile, chirurgia pediatrica e pediatria un dono che va ben oltre il semplice oggetto materiale: libri, finestre spalancate su mondi possibili, compagni silenziosi in un percorso spesso doloroso.
La Biblioteca Lory Marchese non è una semplice raccolta di volumi; è un luogo di incontro, di conforto, di crescita.
Nasce dalla profonda convinzione che la letteratura possieda un valore terapeutico intrinseco, un’abilità di lenire le ferite dell’anima e di nutrire la speranza.
Come una carezza delicata, un libro può alleviare la solitudine, stimolare l’immaginazione, restituire un senso di leggerezza quando il peso della malattia sembra insostenibile.
L’offerta non si limita al prestito bibliotecario in corsia.
Attività di animazione, letture ad alta voce, momenti di condivisione e narrazione, arricchiscono l’esperienza dei piccoli pazienti, favorendo l’interazione e la creazione di legami.
Il progetto, nel corso degli anni, ha consolidato la sua presenza, grazie all’impegno costante dei volontari, che hanno saputo interpretare e rispondere alle esigenze specifiche dei bambini e degli adolescenti ricoverati.
Ogni libro consegnato, ogni storia condivisa, rappresenta un atto di fiducia nella potenza della cultura come strumento di cura e resilienza.
Leggere in ospedale significa riconnettersi con la vita, trovare rifugio in mondi fantastici, elaborare le proprie emozioni, e soprattutto, ricordare che, anche nei momenti più bui, c’è sempre una luce da seguire.
Non si tratta solo di “passare il tempo”, ma di costruire ponti verso la guarigione, interiorizzare un senso di speranza e rafforzare la propria capacità di affrontare le sfide che la vita inevitabilmente presenta.
L’iniziativa si configura dunque come un esempio virtuoso di come la cultura e la cura possano integrarsi per promuovere il benessere e l’umanizzazione dei percorsi di cura.






