martedì, 15 Luglio 2025
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Cinema Addiction: Vital, l’ultimo atto pugliese tra memoria e lutto.

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Il sipario sul ciclo “Cinema Addiction” dell’Apulia Film Commission cala il 3 luglio con l’ultima proiezione di “Novecento, auf wiedersehen”, un percorso tematico che ha esplorato le ombre e le luci del ventesimo secolo attraverso l’obiettivo di cineasti internazionali.

L’atto conclusivo vede protagonista “Vital” (2004), l’opera provocatoria e visceralmente poetica del regista giapponese Shinya Tsukamoto, un autore capace di sondare le profondità dell’animo umano con una crudezza estetica inconfondibile.
La proiezione simultanea, un vero e proprio abbraccio culturale che coinvolge cinque città pugliesi – Bari (Multicinema Galleria), Lecce (Cineporto), Foggia (L’altrocinema Cicolella, in collaborazione con il Comune di Foggia), Taranto (Spazioporto) e Brindisi (Arena Eden) – offre all’utenza la possibilità di immergersi in un’esperienza cinematografica intensa, a partire dalle ore 21.
“Vital” non è un semplice racconto, ma un’immersione in un flusso di coscienza frammentato, un’esplorazione dell’identità alla deriva dopo un trauma ineluttabile.

Il protagonista, Hiroshi, studente di medicina, è precipitato in un abisso di smarrimento a seguito di un incidente stradale che gli ha sottratto la memoria e, tragicamente, la vita della sua compagna, Ryôko.
Il film si articola attorno a questa frattura esistenziale, costringendo lo spettatore a confrontarsi con la fragilità della percezione e la dissoluzione del sé.
Il ritorno agli studi, apparentemente un atto di ripresa, si rivela una spirale di angoscia.
La disamina anatomica, attività paradigmatica della formazione medica, si trasforma in un rituale ossessivo quando Hiroshi riconosce il corpo su cui opera come quello della scomparsa Ryôko.

Questa rivelazione scatena in lui una serie di reazioni ambivalenti: orrore, fascinazione, un tentativo disperato di ricostruire l’immagine perduta della persona amata attraverso lo studio minuzioso del suo involucro fisico.

Tsukamoto, con la sua cifra stilistica inconfondibile, utilizza immagini potenti e un ritmo incalzante per creare un’atmosfera claustrofobica, un labirinto di sensazioni che riflette lo stato d’animo del protagonista.
La dissezione diventa metafora della spogliazione interiore, un tentativo di comprendere l’essenza dell’essere umano al di là delle apparenze, un’indagine radicale sulla natura della memoria e del lutto.

L’opera, lungi dall’essere una mera narrazione di eventi, si configura come un viaggio introspettivo, un’eco silenziosa delle ferite invisibili che segnano l’esistenza.

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