“Santa Dalila”: un docufilm che invita alla riflessione su un’eroicità quotidiana, presentato in anteprima al Matera Film Festival, e che solleva una domanda profonda: è possibile riconoscere la santità non solo nei grandi santi canonizzati, ma anche in coloro che, con gesti semplici e disinteressati, incarnano la carità cristiana?Il film, opera della giornalista e documentarista Anna Langone, esplora la vita di Dalila Iafelice, una giovane donna originaria di San Severo, la cui esistenza, seppur breve, è stata un esempio luminoso di altruismo e compassione.
La narrazione non si limita a ricostruire le ultime ore della sua tragica fine, avvenuta otto anni fa in un tentativo eroico per salvare un cane sui binari, ma scava più a fondo, rivelando il percorso interiore di una persona che, dopo aver affrontato un trauma devastante – un incidente stradale che la privò di due amici e la costrinse a un lungo e arduo processo di riabilitazione – scelse di riempire il vuoto con la generosità.
A 18 anni, Dalila si trovò a sostenere la sua famiglia, composta da cinque sorelle e dalla madre, già segnata dal dolore per la perdita del marito.
Si immerse in un vortice di lavori precari, non per ambizione personale, ma per alleviare le difficoltà economiche del nucleo familiare.
Questo spirito di sacrificio si estese ben oltre i confini domestici: Dalila divenne donatrice di sangue, offrendo la sua linfa vitale a sconosciuti; si dedicò alla cura di cani randagi, trovando loro un rifugio sicuro tra amici e parenti.
La sua figura si configurava come un punto di riferimento, una persona su cui si poteva contare, una presenza costante nel tessuto sociale della comunità.
Il film non edulcora la tragedia.
La sequenza che precede l’incidente, ambientata in un pomeriggio soleggiato del 2017, ritrae un momento di innocenza e di gioia: Dalila accompagna un bambino orfano e suo padre a mostrare le casette di legno sulla spiaggia di Chieuti.
L’immagine del cane che si lancia sui binari e il successivo, impensabile, gesto salvifico di Dalila, vengono rappresentati con una potenza emotiva che trascende la semplice cronaca di un evento.
Il déjà vu, la sensazione di un tempo sospeso, sottolinea l’assurdità della perdita e la fragilità dell’esistenza.
“Santa Dalila” non è solo un ritratto di una giovane donna; è un invito a riscoprire il valore dell’umanità e a interrogarsi sul significato della santità, non relegata a figure eccezionali, ma presente in ogni atto di gentilezza e compassione, nella disponibilità ad accogliere il prossimo e nel coraggio di donare se stessi per il bene comune.
Il documentario apre una breccia nella consueta visione della fede, proponendo una riflessione sulla possibilità di riconoscere la santità anche in chi, come Dalila, ha vissuto una vita semplice ma profondamente radicata nell’amore e nella carità cristiana.







