La ricerca di una speranza per Gaza si radica nell’affermazione di un’umanità condivisa, un principio che trascende le etnie e le identità nazionali.
L’equità intrinseca di ogni individuo è la condizione necessaria per la possibilità di una pace duratura, un’equità che oggi appare gravemente compromessa.
Il sionismo, pervaduto da un’evoluzione disturbante e da pratiche discriminatorie, ha contribuito a erigere barriere tra i popoli, negando la comune umanità tra palestinesi ed ebrei.
È imperativo superare questo abisso, cancellando l’ombra di un crimine che mina i fondamenti stessi della convivenza civile e che preclude la possibilità di uno sguardo reciproco, di una reale comprensione tra gli uomini.
Come sottolinea Moni Ovadia, l’attuale scenario non offre soluzioni facili.
La formula dei “due popoli, due Stati” appare una vana illusione, un mero esercizio di retorica politica privo di sostanza.
La vera via d’uscita risiede nella creazione di un unico Stato, fondato su principi di assoluta parità di diritti per tutti coloro che lo abitano: palestinesi, ebrei, drusi, beduini, senza distinzioni né gerarchie.
Un’entità statale laica e democratica, capace di garantire a ciascun individuo la piena realizzazione dei propri diritti civili e politici.
L’inerzia delle grandi potenze e dei loro leader politici, complici di questa tragica situazione, non fa che perpetuare un ciclo di violenza e ingiustizia.
Le loro promesse vuote e i loro discorsi insulsi servono solo a mascherare una realtà ben più cruda: un genocidio che si consuma sotto gli occhi di tutti.
Con una lucidità e una fermezza che non ammettono attenuazioni, Ovadia definisce la situazione a Gaza come un genocidio, denunciando il sionismo come un’ideologia intrinsecamente criminale, coloniale, segregazionista e razzista.
La sua posizione di ebreo antisionista è un atto di coraggio, una testimonianza della sua profonda convinzione che l’ebraismo autentico non possa essere compatibile con l’oppressione e la discriminazione.
L’apprezzamento per il lavoro di Cazzullo risiede nella sua capacità di restituire alla Bibbia la sua essenza narrativa, liberandola dalle interpretazioni dogmatiche e intolleranti.
La Bibbia, nella sua forma originaria, è un potente strumento di riflessione etica e spirituale, un compendio di messaggi universali che riguardano il rapporto tra l’uomo e il divino, il rapporto tra gli uomini e il rapporto con la società.
Riscoprire questa dimensione narrativa è un modo per contrastare l’uso distorto e violento che i fanatici cercano di farne, per promuovere una visione di fratellanza universale e di rispetto reciproco.
Il libro, in definitiva, deve essere un ponte, non un’arma.